dalla rubrica Law in Action di Paolo Storani - Cass. Pen., Sez. I, 31 ottobre 2012, n. 42467 (Pres. Severo CHIEFFI, Est. Giacomo ROCCHI) ci introduce al significativo istituto del decreto penale di condanna: "il meccanismo disegnato dall'art. 460 c.p.p. e seguenti presuppone che l'imputazione formulata nella richiesta del PM resti ferma e non venga modificata se non in dibattimento; e ciò in quanto, sulla base di quell'imputazione (oltre che della misura della pena inflitta), l'imputato e il suo difensore, in un termine ristretto, devono compiere, a pena di decadenza, tutte le scelte processuali fondamentali: possono, cioè, decidere di non presentare opposizione (tenuto conto anche dei benefici previsti dall'art. 460 c.p.p., comma 5), ovvero, al contrario, di proporre opposizione e accedere a riti alternativi o di chiedere l'oblazione, ovvero di affrontare il dibattimento.
Si deve anche ricordare - prosegue il S.C. degli Ermellini - che la procedura suddetta comporta che la notifica del decreto penale sia il primo atto con il quale l'imputato e il suo difensore ricevono la contestazione del reato e, spesso, anche notizia del procedimento: non è, infatti, previsto l'invio dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari ai sensi dell'art. 415 bis c.p.p., né, ovviamente, l'imputato riceve notifica della fissazione di un'udienza (preliminare o dibattimentale)".
Ricorda il Collegio di Piazza Cavour che il giudice per le indagini preliminari, una volta emesso il decreto penale di condanna, si spoglia dei poteri decisori sul merito dell'azione penale e non può, quindi, a seguito di opposizione, operare alcuna modifica del capo di imputazione, anche se quello contenuto nel decreto, per mero errore, riporti una contestazione del tutto diversa da quella contenuta nella richiesta del PM.
Nel contesto dell'importante pronuncia si evidenzia qual è l'insegnamento delle Sezioni Unite 21243 del 4 giugno 2010: "il GIP, dopo l'opposizione al decreto penale, è vincolato in tale fase all'adozione degli atti di impulso previsti dall'art. 464 c.p.p., e non può pronunciarsi nuovamente sullo stesso fatto-reato dopo l'emissione del decreto, né revocare quest'ultimo fuori dei casi tassativamente previsti; una volta che il giudice abbia emesso il decreto di condanna, in accolgimento della richiesta del PM, le successive fasi sono rigidamente scandite dalla procedura dettata dal codice in relazione alle scelte fatte dal condannato: in caso di opposizione, a seconda delle opzioni formulate dall'opponente, il giudice emette decreto di giudizio immediato ovvero provvede agli adempimenti connessi alla richiesta di giudizio abbreviato o di applicazione di pena ex art. 444 c.p.p." o di oblazione; in caso di inerzia, o di opposizione inammissibile, il giudice ordina l'esecuzione del decreto di condanna (art. 461 c.p.p., comma 5)".
Ricordiamo che il procedimento per decreto ha risvolti premiali ed è deflattivo sia dell'udienza preliminare che del dibattimento, che l'istituto si prefigge di evitare; è predisposto per i reati perseguibili d'ufficio e prevede che il PM, se ritiene applicabile, in concreto, solo una pena pecuniaria, anche se sostitutiva di pena detentiva, presenti al GIP richiesta motivata di decreto penale di condanna, indicante la misura della pena da applicare.
Il decreto deve contenere la contestazione del reato; la fase che precede l'emissione del decreto ha natura puramente cartolare nel senso che non contempla alcun contraddittorio, nemmeno scritto, tra PM che richiede il provvedimento e l'imputato.
La richiesta deve essere avanzata dal PM entro sei mesi dall'iscrizione della notizia di reato; ad ogni modo, la giurisprudenza opina che il predetto termina abbia natura ordinatoria: così Cass. Sez. Un. 4/1992 "l'emissione del decreto penale di condanna oltre il termine previsto dal comma 1 dell'art. 459 c.p.p. non comporta nullità del decreto stesso perché tale termine è ordinatorio e il suo mancato rispetto provoca una mera irritualità".
L'opposizione va presentata entro quindici giorni dalla notifica del decreto.
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