Per il Gup di Como, si tratta di un "momento di necessario ristoro", per cui vanno archiviate le accuse di truffa e falso di alcuni dipendenti pubblici

di Marina Crisafi - La pausa caffè non è un reato, anzi è un momento di necessario ristoro, anche se effettuata al bar. Così il Gup di Como, Maria Luisa Lo Gatto, come riporta Il Giorno, ha assolto alcuni dipendenti dell'amministrazione locale dalle accuse di truffa e falso ai danni dell'ente pubblico perché il fatto non costituisce reato.

I lavoratori erano stati beccati a timbrare il cartellino di entrata e uscita per dirigersi al bar di fronte alla sede del comune per bere un caffè. La vicenda, a seguito di un servizio di un giornale locale, era finita in procura. Ma per il giudice lariano, il danno prodotto dai dipendenti quantificato in un'assenza di pochi minuti (e pari a circa 7 euro) era tale da configurare una inoffensività oggettiva della condotta. Il provvedimento ricorda, infatti, che la pausa caffè, a condizione che sia di breve durata, non solo non può essere ritenuta una condotta offensiva del "bene giuridico tutelato", ossia dell'efficienza della P.A., giacchè non integra una "interruzione del servizio - tale da - influire sul rendimento del dipendente" ma è "tollerata dai contratti di lavoro - nazionali - e dalla giurisprudenza" (cfr. Cass. n. 4509/2012) quale "momento di necessario ristoro - e di recupero - delle energie lavorative". E ciò sia se la pausa avviene presso o in prossimità del luogo di lavoro.


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