Un malcostume tipicamente italiano che costringe gli avvocati a ore di snervante attesa

di Annamaria Villafrate - La professione dell'avvocato è il sogno di molti studenti di giurisprudenza. Peccato però che alla facoltà di legge nessun professore impartisca lezioni di pazienza. File per notificare gli atti giudiziari, file per gli adempimenti di cancelleria e ancora file per le udienze.

Mattine, se non giornate intere, in coda per svolgere incombenze che dovrebbero richiedere solo pochi minuti. Le inefficienze tipiche di molti servizi pubblici sembra abbiano attecchito anche sulla giustizia e tale inefficienza si ripercuote inevitabilmente sul lavoro degli avvocati.

Il problema delle udienze è stato spesso sottoposto, talvolta con buoni risultati ma altre volte senza esito, all'attenzione dei magistrati. Ma è possibile che in un paese in cui non si fa che parlare di processo telematico e di digitalizzazione della pubblica amministrazione non si riesca a risolvere il problema delle fasce orarie per le udienze?

Da anni gli avvocati denunciano la cattiva organizzazione delle agende dei magistrati. Centinaia di udienze fissate alla stessa ora non fanno che creare disagio e nervosismo, impedendo ai legali di lavorare con serenità.

La revisione degli uffici giudiziari ha comportato la soppressione di centinaia di sedi del giudice di pace e di decine di tribunali, rendendo ancora più complicata la vita degli avvocati. Nel novembre del 2014 a Lecce si è levata una protesta talmente accesa da richiedere l'intervento del presidente del Consiglio dell'Ordine locale. Gli avvocati invocano il buon senso.

Secondo quale logica si continuano a fissare udienze di trattazione, istruzione e discussione alla stessa ora? In genere le prime udienze e quelle che in cui si tirano le fila del processo sono piuttosto rapide. Discorso diverso per quanto riguarda le sessioni probatorie, in cui può sorgere l'esigenza di nominare un consulente o ascoltare dei testimoni.

Gli avvocati penalisti lamentano le stesse problematiche. Ad aggravare uno stato di disorganizzazione permanente ci si mettono poi la carenza di personale e l'eccessivo numero delle cause pendenti, che in alcune sedi costringono i magistrati a tenere udienze "in notturna".

La soluzione ideale? Potrebbe essere davvero semplice: basterebbe fissare le udienze più "rapide" nelle prime fasce orarie della mattina, riservando le sessioni pomeridiane alle incombenze che richiedono più tempo.

In questo modo non solo i professionisti, ma anche le parti, i consulenti e i testimoni non sarebbero costretti a perdere intere giornate di lavoro e a riorganizzare i rispettivi impegni, magari per un'udienza di dieci minuti.

Una maggiore efficienza gioverebbe non solo ai professionisti, ma anche ai magistrati, spesso disorientati di fronte a centinaia di fascicoli da gestire, senza il supporto di un criterio logico.

In alcuni tribunali italiani la collaborazione tra avvocati e uffici giudiziari ha dato vita a dettagliati protocolli, che regolamentano tutte le attività d'udienza e quelle correlate al giudizio. Si auspica che questa buona pratica sia di esempio per tutti i tribunali italiani.



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