Per la Corte d'Appello di Taranto visionare senza autorizzazione la posta elettronica del proprio partner integra violazione di corrispondenza

di Marina Crisafi - Leggere le mail del proprio partner senza autorizzazione, approfittando dello strumento di compilazione automatica che memorizza la password una volta inserita, integra il reato di violazione di corrispondenza. Ad affermarlo è la Corte d'Appello di Taranto, con la sentenza n. 24/2016 (qui sotto allegata), confermando la condanna per il reato ex art. 616 c.p. inflitta dal Tribunale nei confronti di una donna che, dopo aver preso visione in modo fraudolento di mail riservate all'ex coniuge, le rivelava e produceva nel successivo giudizio di separazione.

Per la difesa, la donna andava assolta per insussistenza del reato, giacchè essendo in possesso delle password dell'uomo era da ritenersi implicitamente autorizzata a leggerne la corrispondenza, che quindi non poteva considerarsi chiusa, posto che peraltro le e-mail si visualizzavano con l'accensione del computer, che le stesse erano pervenute durante la convivenza dei due coniugi e che, infine, la loro utilizzazione doveva ritenersi consentita in quanto tesa a far valere in giudizio un proprio diritto.

Ma per la Corte d'Appello, le risultanze istruttorie del giudizio di primo grado conducono solo a confermare l'affermazione della penale responsabilità dell'imputata per il reato di cui all'art. 616 c.p.

La condotta della donna, infatti, integra il reato contestato dal momento che non è ravvisabile alcuna autorizzazione implicita dell'ex marito ad accedere alla posta dello stesso, in quanto il possesso della password di accesso non è stato certo frutto di una rivelazione da parte dell'uomo, bensì "il risultato di una operazione di memorizzazione eseguita dal computer" all'atto dell'utilizzo avvenuto peraltro a sua insaputa.

La donna, inoltre, ha proseguito la corte d'appello, ha preso cognizione della corrispondenza informatica dell'ex quando la convivenza tra i due era già cessata per separazione di fatto e tale corrispondenza è da ritenersi "chiusa" poiché l'accesso che la memorizzazione della password ha consentito in automatico "ha riguardato solo la casella di posta elettronica e non già le singole mail la cui lettura (con acquisizione della conoscenza del relativo contenuto) è stata resa possibile solo da una ulteriore operazione consistita nel cliccare sul singolo messaggio".

Infine, quanto all'asserita produzione in giudizio per far valere un proprio diritto, ha chiosato il collegio pugliese, "non è apprezzabile alcuna esigenza difensiva - della donna - in relazione alle mail in questione la cui produzione nel giudizio di separazione risulta priva di una giusta causa e del tutto gratuita".

Per cui, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, va confermata la condanna a 200 euro di multa, al risarcimento dei danni patiti dall'uomo (liquidati in euro 800 euro) nonché al pagamento delle spese di giudizio.

Corte d'Appello di Taranto, sentenza n. 24/2016

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