Per la Cassazione è integrata la fattispecie di cui all'art. 727, secondo comma, c.p. per le sofferenze inflitte

di Marina Crisafi - Il padrone che usa il collare elettrico per addestrare il proprio cane commette reato. Anche se non si versa, infatti, in tali casi, nell'ipotesi di maltrattamento (ex art. 544-ter c.p.), giacché non si può parlare di "sevizie" o "lesioni" all'animale viene comunque inflitta una sofferenza per via delle scosse. È integrata, quindi, la contravvenzione per abbandono (art. 727, secondo comma, c.p.). Ad affermarlo è la terza sezione penale della Cassazione (con la sentenza n. 21932/2016 qui sotto allegata), pronunciandosi sulla vicenda di un uomo, condannato in appello per il reato di maltrattamento di animali, per aver applicato un collare elettrico ai suoi due cani al fine di addestrarli all'attività venatoria.

Il cacciatore ricorreva innanzi a piazza Cavour lamentando erronea applicazione di legge in quanto il reato contestato prevede le lesioni o le sevizie all'animale oltre ad uno "stato di inutile sofferenza".

Gli Ermellini accolgono le sue doglianze e derubricano il reato in contravvenzione, ammettendo che nel collare elettrico "il livello di stimolazione può essere regolato dal telecomando (tensione e durata)", per cui è escluso, secondo le conclusioni del perito, "qualsiasi rischio per la salute del cane" avendo gli impulsi una durata molto limitata, essendo l'energia trasmessa trascurabile e attraversando "una zona limitata del corpo senza interessare gli organi vitali".

Tuttavia, ciò non toglie che con tali strumenti vengono comunque inflitte "sofferenze gravi e incompatibili con la natura degli animali".

Per cui, i giudici invitano espressamente ad utilizzare altri metodi di addestramento "più consoni alla natura etologica dell'animale" e confermano la contravvenzione, dalla quale in ogni caso l'uomo si salva per l'intervenuta prescrizione.

Cassazione, sentenza n. 21932/2016

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