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DAL CONFRONTO DEGLI ESEMPI 2 e 3 EMERGE COME IL D.LGS. 66/2003, PUR PREOCCUPANDOSI DI ACCORDARE AL LAVORATORE UN CONGRUO PERIODO DI RIPOSO GIORNALIERO, ABBIA TRASCURATO DI DISCIPLINARE LA DURATA MASSIMA DELLA SINGOLA GIORNATA LAVORATIVA, LASCIANDO IL CALCOLO DELLA STESSA, PER MERA DIFFERENZA, ESCLUSIVAMENTE SULLA BASE DELL'OBBLIGO DEL RIPOSO GIORNALIERO.
DAL CONFRONTO DEGLI ESEMPI 2 e 3 EMERGE COME IL D.LGS. 66/2003, PUR PREOCCUPANDOSI DI ACCORDARE AL LAVORATORE UN CONGRUO PERIODO DI RIPOSO GIORNALIERO, ABBIA TRASCURATO DI DISCIPLINARE LA DURATA MASSIMA DELLA SINGOLA GIORNATA LAVORATIVA, LASCIANDO IL CALCOLO DELLA STESSA, PER MERA DIFFERENZA, ESCLUSIVAMENTE SULLA BASE DELL'OBBLIGO DEL RIPOSO GIORNALIERO.
Secondo l'interpretazione del Min. Lavoro, contenuta nella Circ. n°8/2005, le 11 ore di riposo giornaliero costituiscono un periodo minimo, a meno che la loro riduzione non sia espressamente prevista dai CCL, ai sensi dell'art. 17 c.1, oppure non rientri nelle attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati o da regimi di reperibilità .
La citata Circ. n°8/2005 ricorda, inoltre, che nel periodo di riposo non si computano:
i riposi intermedi;
le pause di lavoro di durata non inferiore a 10 minuti e complessivamente non superiori a 2 ore, durante le quali non sia richiesta alcun tipo di prestazione lavorativa.
Tali periodi, spiega la Circolare, pur non consistendo in una effettiva prestazione, non possono essere considerati ai fini di un effettivo ristoro delle energie psico-fisiche perché non rivestono il carattere della continuitĂ . Essi, pertanto, devono essere aggiunti al riposo giornaliero ………………. E non sono nemmeno computabili nell'orario di lavoro.