Data: 12/11/2025 06:00:00 - Autore: Aldo Andrea Presutto

1. Il contesto giuridico e sanitario

Per oltre vent'anni, la vicenda dell'uranio impoverito ha rappresentato una ferita aperta nel rapporto tra lo Stato e i suoi servitori. Centinaia di militari italiani, impiegati in missioni nei Balcani, in Afghanistan e in Iraq, o in attività addestrative nei poligoni nazionali, hanno contratto patologie tumorali e degenerative collegate all'esposizione a polveri sottili e nanoparticelle di metalli pesanti. Le relazioni delle Commissioni parlamentari d'inchiesta – dalla Commissione Scanu del 2017 alla Commissione Catalano del 2021 – hanno rivelato un quadro preoccupante di omissioni informative, inadeguata prevenzione, assenza di monitoraggi ambientali e ritardi nelle bonifiche.

In questo contesto, la difficoltà principale per i militari e i loro familiari è sempre stata quella di dimostrare il nesso causale tra servizio e malattia. La giurisprudenza amministrativa si era divisa tra due orientamenti. Un primo filone, rigorista, richiedeva la prova scientifica individuale dell'eziologia, basata su dati clinici certi e riproducibili. Un secondo orientamento, invece, più attento al principio di precauzione e alla specificità del rischio militare, riteneva sufficiente la verosimiglianza epidemiologica e la coerenza del contesto operativo. Questa oscillazione aveva prodotto un diritto diseguale, dove il riconoscimento della causa di servizio dipendeva più dalla sezione giudicante che dal contenuto effettivo della domanda. È in tale scenario che si colloca l'intervento dell'Adunanza Plenaria del 2025, chiamata a porre fine a un conflitto interpretativo e, più in profondità, a ridefinire la funzione solidaristica e protettiva del diritto amministrativo militare.

2. La ratio decidendi e la ridefinizione del rischio militare

Nelle sentenze gemelle del 2025, il Consiglio di Stato ha affermato che, nei casi di accertata esposizione a fattori ambientali nocivi connessi all'espletamento del servizio, il nesso causale tra servizio e patologia deve ritenersi presunto, salvo prova contraria scientificamente fondata da parte dell'Amministrazione. In questa formula è racchiusa la vera svolta. Il giudice amministrativo abbandona l'idea di causalità scientifica come condizione imprescindibile per la tutela e introduce la categoria della verosimiglianza giuridica, fondata su un insieme di indizi epidemiologici, ambientali e probabilistici che rendono plausibile l'origine professionale della malattia.

Come affermato dalla Plenaria: "Nei casi di accertata esposizione a fattori ambientali nocivi connessi all'espletamento del servizio, il nesso di causalità fra servizio e patologia deve ritenersi presunto, salva prova contraria scientificamente fondata da parte dell'Amministrazione."

L'articolo 603 del Codice dell'ordinamento militare, modificato dal decreto-legge n. 228 del 2010, è interpretato in chiave evolutiva: la "ragionevole probabilità" sostituisce la "diretta derivazione", adeguando la norma al principio di precauzione e al dovere di solidarietà costituzionale. La Plenaria chiarisce che il concetto di rischio professionale specifico comprende tutte le situazioni in cui l'attività militare comporti un'esposizione non controllata a fattori nocivi, anche quando la scienza non sia ancora in grado di fornire una spiegazione definitiva del nesso eziologico.

3. L'inversione dell'onere della prova

La parte più innovativa della decisione riguarda l'inversione dell'onere probatorio. Per la prima volta nel diritto amministrativo militare, il giudice stabilisce che non spetta più al militare dimostrare il nesso causale tra servizio e malattia, ma è l'Amministrazione a dover provare che la patologia abbia origine extra-lavorativa. L'inversione trova giustificazione nella logica della "vicinanza della prova": il Ministero della Difesa è l'unico soggetto in grado di disporre dei dati ambientali, delle analisi dei poligoni, delle relazioni mediche e dei protocolli di sicurezza.

In questo modo, il Consiglio di Stato ribalta la prospettiva tradizionale e costruisce un modello di tutela in cui l'onere probatorio è distribuito secondo equità e razionalità. Il militare non è più lasciato solo di fronte all'impossibilità di provare ciò che la scienza non può ancora spiegare. La verosimiglianza giuridica, ancorata al principio di precauzione, diventa la soglia sufficiente per l'attivazione del diritto alla protezione.

4. Il principio di precauzione come regola di giudizio

Il principio di precauzione, sancito dall'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e recepito nella legislazione ambientale italiana, assume qui un valore inedito. La Plenaria lo trasla nel diritto amministrativo militare, trasformandolo da regola di azione in regola di giudizio. La tutela non dipende più dalla certezza scientifica, ma dalla ragionevole probabilità che un rischio, seppur non dimostrato in modo assoluto, possa compromettere la salute dei militari.

In questa prospettiva, la giurisdizione amministrativa diventa garante della dignità di chi serve lo Stato in condizioni di esposizione potenziale. La precauzione non è più mera prudenza scientifica, ma un dovere giuridico di protezione. È la traduzione giudiziale del principio di solidarietà, che impone di scegliere, in caso di dubbio, la soluzione più favorevole alla persona e alla vita.

5. La reazione istituzionale e sindacale

La pronuncia dell'Adunanza Plenaria ha suscitato un'immediata reazione nel mondo militare e politico. Il Sindacato Unico dei Militari (SUM) ha definito la decisione "una svolta epocale", sottolineando come essa rappresenti un riconoscimento morale e istituzionale per oltre quattrocento militari deceduti e per migliaia di ammalati. Secondo il SUM, la sentenza colma un vuoto di tutela che durava da vent'anni e restituisce dignità giuridica a chi, pur servendo lo Stato, ne aveva subito l'indifferenza.

Anche le associazioni dei familiari hanno salutato la decisione come un punto di non ritorno. Dopo anni di contenziosi, la giustizia amministrativa riconosce che l'incertezza scientifica non può diventare un alibi per l'inerzia pubblica. La tutela della salute non è una concessione, ma un diritto fondamentale che lo Stato deve garantire anche di fronte al dubbio.

6. Le prospettive normative e istituzionali

Le sentenze del 2025 aprono la strada a riforme strutturali. In primo luogo, si impone una revisione dell'articolo 603 del Codice dell'ordinamento militare, affinché la presunzione del nesso causale diventi regola legislativa e non solo giurisprudenziale. In secondo luogo, occorre istituire un protocollo medico-legale nazionale per il monitoraggio e la prevenzione dei rischi tossici nelle Forze Armate, sul modello dei programmi tedeschi di sorveglianza sanitaria preventiva.

Il diritto non può limitarsi a risarcire il danno dopo che esso si è verificato. Deve essere in grado di prevenire, informare e tutelare. Una politica pubblica della precauzione militare è oggi non solo necessaria, ma costituzionalmente dovuta. La sentenza dell'Adunanza Plenaria segna il passaggio da un modello reattivo a un modello proattivo di tutela: dallo Stato che risponde dopo, allo Stato che protegge prima.

7. Conclusione. La giurisdizione del rischio

La decisione del Consiglio di Stato non è una semplice sentenza. È un atto di giustizia sostanziale che ridefinisce il rapporto tra potere, scienza e tutela dei diritti fondamentali. L'introduzione della presunzione di causalità segna l'ingresso della giurisdizione del rischio come nuovo paradigma del diritto pubblico.

In questa prospettiva, il giudice amministrativo non si limita più a bilanciare interessi, ma diventa garante di una protezione ragionevole e solidale. L'incertezza scientifica non sospende la responsabilità dello Stato: la trasforma in dovere di precauzione.

La tutela dei militari esposti a uranio impoverito non riguarda solo una categoria professionale, ma il fondamento etico della Repubblica. Difendere chi difende lo Stato significa riaffermare la centralità della persona anche nei contesti di rischio istituzionale. È questa la lezione più profonda della Plenaria: la giustizia non si misura più nella certezza del dato, ma nella capacità di scegliere la vita anche quando la scienza tace.


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