Nel corso di una conferenza stampa tenutasi questa mattina l'Avv. Giuseppe Lipera ha reso noto di aver presentato una terza istanza di revisione del processo Contrada. Nell'istanza l'Avv. Lipera fa riferimento ad alcuni significativi passaggi contenuti nel libro "Nel labirinto degli Dei" (Storie di mafia e di antimafia) del Dott. Antonio Ingroia edito da "il Saggiatore". In particolare si fa riferimento a quanto scritto a pagina 81 del libro in cui Ingroia afferma di aver interrogato il pentito Scarantino: "Ho conosciuto tanti collaboratori che sapevano sia il progetto di eliminare Paolo a Marsala, poi abbandonato, sia dell'attentato, poi realizzato, a Palermo. Mai però avevo interrogato qualcuno degli esecutori materiali della strage di via D'Amelio.
Avevo interrogato - per la verità - Vincenzo Scarantino, che si era autoaccusato di avere organizzato il furto della fiat 126 usata come autobomba in via D'Amelio. Indagini più recenti della Procura
di Caltanissetta sembrano, comunque, aver definitivamente smascherato Scarantino come depistatore e falso pentito. Già allora, Scarantino mi lasciava perplesso, perché c'era qualcosa in lui che <> non mi convinceva. Lo interrogai una sola volta, ricevendone una sensazione sgradevole. La attribuivo al disagio di trovarmi di fronte un probabile complice dell'omicidio di Paolo. Ma forse percepivo qualcos'altro. Era stato Scarantino a reclamare la presenza della Procura di Palermo, mettendo sul piatto due temi di prova apparentemente <>: nuove accuse a carico di Bruno Contrada, alto Funzionario dei Servizi di Sicurezza, all'epoca già inquisito e in custodia cautelare per concorso esterno in associazione mafiosa; e, addirittura, dichiarazioni che coinvolgevano il già allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in oscure vicende di traffico di stupefacenti. Le dichiarazioni a carico di Contrada erano minuziose e precise, apparentemente riscontrabili; quelle che riguardavano Berlusconi, invece, erano generiche e sostanzialmente indimostrabili.
Rimasi perplesso. Osservavo con attenzione Scarantino, lo fissavo negli occhi, ma il suo sguardo era sfuggente, elusivo. Non mi piaceva. Non mi convinse. Né mi sembrava plausibile il personaggio nel suo complesso. Era evidente che si trattava di un criminale di infimo livello. Possibile che sapesse cose tanto rilevanti? Possibile che Cosa Nostra avesse affidato a un tale personaggio la delicatissima fase di preparazione e organizzazione della strage di via D'Amelio? Tuttavia, era mio dovere cercare di riscontrare il riscontrabile, e così feci. Diedi incarico alla Polizia Giudiziaria di svolgere gli approfondimenti sulle vicende citate da Scarantino, riguardanti la competenza della Procura di Palermo: l'esito fu sconfortante. Le dichiarazioni accusatorie in merito a Contrada erano riscontrate, ma solo in apparenza. Nel senso che, in realtà, i fatti riferiti da Scarantino erano accaduti, e presentavano delle anomalie, ma non era stato acquisito alcun riscontro che si potesse considerare individualizzante a carico di Contrada. Nulla, cioè, era emerso che potesse collegare quelle anomalie con Contrada, a parte le dichiarazioni stesse di Scarantino.
Si trattava, dunque, di <>. Che fare? Mi consultai con Alfredo Morvillo, contitolare con me del processo Contrada, e ci trovammo d'accordo. Quelle dichiarazioni non erano convincenti, come non lo era il teste. Dopo averne parlato con Gian Carlo Caselli, all'epoca procuratore a Palermo, decidemmo di non servirci delle sue dichiarazioni accusatorie. Esse pertanto non furono mai utilizzate dalla Procura di Palermo né per il processo Contrada, né (figuriamoci!) nei confronti di Berlusconi, e neppure in altro procedimento penale di competenza del nostro ufficio. Questo episodio, insieme a tanti altri che evito qui di accennare, dimostra l'infondatezza di un'accusa che, qua e là ci viene rivolta. I magistrati della Procura di Palermo non saprebbero prendere le distanze dalle proprie fonti, e accetterebbero sempre per buone le dichiarazioni di qualunque pentito purchè accusatorie nei confronti dei propri inquisiti. Bene, anche in questo caso, credo che si possa arrivare alla stessa conclusione: fatti i dovuti riscontri, l'accusa non è convincente come non lo è chi la sostiene".


Nell'istanza Lipera scrive che "quanto letto nel libro del Dott. Ingroia ha destato stupore perchè "nel noto processo in cui l'ex Dirigente della Polizia di Stato è stato imputato (PP.MM. nel giudizio di primo grado il medesimo Dott. Antonio Ingroia nonché il Dott. Alfredo Morvillo) non si parlò mai di accuse che il sedicente pentito Vincenzo Scarantino avrebbe rivolto nei suoi confronti, né mai il giudice di cognizione fu portato a conoscenza di questa circostanza. Infatti, è certo che nel fascicolo del Pubblico Ministero non vi fossero atti riguardanti un interrogatorio fatto dal Dott. Ingroia allo Scarantino, né dei successivi accertamenti, con esito negativo, a quanto pare, effettuati dalla Polizia Giudiziaria".
Lipera chiede quindi che siano sentiti tre magistrati (Antonio Ingroia, Alfredo Morvillo e Giancarlo Caselli) Secondo l'avvocato Lipera, infatti, il fatto che manchino atti istruttori nel fascicolo del pm ha "impedito alla difesa di esercitare le azioni che avrebbero potuto chiarire il contesto in cui stava maturando tutta la vicenda giudiziaria e di usare ogni strumento utile per fare emergere la verità". L'istanza poggia le sue ragioni anche su una perizia del Dott. Marco Lipera che nelle sue conlcusioni afferma che il carattere di Contrada è inconciliabile con i fatti a lui contestati. Nella perizia il consulente scrive: "tenendo conto degli elementi emersi dall'indagine psicodiagnostica" l'accusa che viene rivolta a Bruno Contrada "cioè quella di aver colluso con un sistema 'nemico' rispetto a quello a cui appartiene e che per tutta la sua carriera 'ha perseguitato' risulterebbe non conciliabile con la sua disposizione caratteriale". In merito all'ammissibilità del'istanza l'Avv. Lipera nell'istanza di revisione sottolinea come la stessa Suprema Corte "ha affermato che, ai fini della revisione, per prove nuove debbono intendersi, non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero le prove acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, sempre che non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice".
In allegato:
Istanza di revisione
Indagine psicodiagnostica su Bruno Contrada
Si ringrazia il Collega Lipera per aver messo a disposizione dei lettori di studiocataldi.it (con il consenso del cliente) la documentazione qui allegata.

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