Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con sentenza n. 35 del 3 gennaio 2011
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 35 del 3 gennaio 2011, ha affermato che "in tema di licenziamento del lavoratore per giusta causa, incombe sul datore di lavoro l'onere della prova della realizzazione da parte del lavoratore di un comportamento che integri una grave negazione degli elementi essenziali del rapporto ed, in particolare, di quello fiduciario, con riferimento non al fatto astrattamente considerato bensì agli aspetti concreti di esso ...". Il caso preso in esame dalla Suprema Corte è relativo ad un dipendente licenziato per giusta causa, per essere entrato nell'azienda presso cui lavorava, in giorno non lavorativo, in assenza di apposita autorizzazione. Il lavoratore impugnava il licenziamento
disciplinare inflittogli, dinanzi al Tribunale che accoglieva la domanda rilevando la carenza di prova in ordine ai fatti contestati nonché l'insussistenza di un comportamento contrario ai doveri di fedeltà da parte del lavoratore. La società datoriale proponeva allora appello e, visto il rigetto del gravame da parte della Corte d'Appello, ricorreva in Cassazione. I Giudici di legittimità, rigettando il ricorso, osservano la correttezza delle motivazioni della sentenza della Corte di merito che sottolineava la "scarsa rilevanza disciplinare" della condotta del lavoratore. A sostegno della dedotta non necessità dell'autorizzazione, i Giudici, dalla circostanza che l'addetto alla reception aveva senz'altro consentito l'accesso del lavoratore fuori dall'orario di lavoro, argomentano la non necessità in concreto di apposita autorizzazione (o comunque, l'esistenza di una prassi alla stregua della quale tale autorizzazione - se pur prevista nel contratto collettivo - non veniva richiesta, ossia non era ritenuta necessaria).

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