Non può essere accolta la pretesa al risarcimento del danno alla salute, derivante dallo stress di espletare la propria attività lavorativa tutti i giorni usando i computer per più di quattro ore al giorno, in posizioni posturali e di luminosità precarie, qualora sia carente la dimostrazione del pregiudizio subito ed in assenza anche di un qualsiasi principio di prova, come da costante giurisprudenza civilistica in materia di danno biologico. E' quanto affermato dal Tar Lazio con la sentenza
n. 35028 del 2 dicembre 2010, in risposta alla richiesta di alcuni dipendenti pubblici in merito all'accertamento del diritto ai danni da stress subiti per l'esposizione ai videoterminali; i lavoratori sostenevano di aver subito un'esposizione diretta e continua, comunque superiore alle quattro ore al giorno, ad onde elettromagnetiche in grado di produrre danni irreversibili sulla vista e sul sistema nervoso, provocando alterazioni anche psicosomatiche. I ricorrenti, alla luce della sentenza n. 29465 del 31 luglio 2010 - che in un caso analogo aveva rigettato la richiesta risarcitoria a causa della mancanza di prove relative al pregiudizio subito -, allegavano alla propria memoria difensiva circolari, studi ed opuscoli relativi alle problematiche e alle conseguenze dell'esposizione ai video terminali. A tal proposito i Giudici, respingendo il ricorso dei dipendenti, affermano che "ancorché tale corposo apparato documentale possa tornare utile ad un aggiornamento sulle problematiche in questione, esso non appare sufficiente a provare il danno che ciascun ricorrente possa avere tratto dalla adibizione a videoterminali e PC, dal momento che affronta la problematica in generale, laddove la prova del danno passa, secondo i principi civilistici in materia, per la dimostrazione anzitutto dell'evento causativo, del nesso di causa e dell'elemento soggettivo presente in chi tale danno avrebbe prodotto."

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