"Gli addebiti contestati al dipendente che rivesta una effettiva posizione dirigenziale, vanno valutati non tanto sotto il profilo della giusta causa, ma della sua giustificatezza, alla cui stregua può rilevare qualunque motivo purché giustificato, ossia costituente base di una decisione coerente e sorretta da ragioni apprezzabili sul piano del diritto, le quali richiedono non l'analitica verifica di specifiche condizioni salvo quelle che si identifichino in quella costituita dalla proporzionalità tra sanzione e infrazione (richiesta dalla norma base contenuta nell'art. 2104 c.c.) - ma una globale valutazione che escluda l'arbitrarietà e la pretestuosità del licenziamento
(Cass., n. 15496 del 2008)." E' quanto si legge nella sentenza n. 18998 del 2/9/2010, emessa dalla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione in riferimento al ricorso proposto da un lavoratore che, impugnando il licenziamentro disciplinare intimatogli, sosteneva di non aver mai svolto mansioni dirigenziali e chiedeva, conseguentemente, l'accertamento dell'illegittimità del licenziamento non in base al criterio della giustificatezza, bensì sotto il profilo della carenza di giusta causa o di giustificato motivo. In particolare - precisa la Corte - il dipendente, per poter fruire del favorevole regime restrittivo del licenziamento, avrebbe dovuto provare che al formale inquadramento dirigenziale riconosciutogli dal datore di lavoro non corrispondeva un'attribuzione effettiva di mansioni e poteri propri del dirigente, quale collaboratore del datore di lavoro.
Tale prova non veniva fornita; al contrario, la Corte d'appello aveva correttamente colto i connotati tipici della dirigenza individuati nella posizione di vertice che rivestiva il lavoratore, svolgendo competenze significative in settori di rilevanza strategica per l'azienda e percependo una retribuzione particolarmente elevata nonché numerosi e consistenti fringe benefits. In conclusione la Suprema Corte, condivisa la natura dirigenziale del lavoratore ricorrente (riconosciuta da entrambi i giudici di merito) ed esclusa l'arbitrarietà o la pretestuosità del licenziamento impugnato, rigetta il ricorso confermando la legittimità del licenziamento.

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