Con la sentenza n. 32135 depositata l'8 settembre 2010, il Tar Lazio ha stabilito che una nota associazione di tutela dei consumatori, il Codacons, non può avere accesso ai documenti amministrativi della banca d'Italia, in merito ad un'indagine bancaria relativa alle commissioni applicate dalle banche come la commissione di massimo scoperto. Il Tar ha infatti negato l'accesso anche se i documenti sarebbero stati utilizzati per promuovere una class-action, l'istituto che permette la proposizione di azioni collettive. Secondo quanto si apprende dalla ricostruzione della vicenda fatta nella sentenza
del Tar, Palazzo Koch aveva negato l'accesso ai documenti all'associazione di tutela dei diritto dei consumatori e degli utenti. Il Codacons aveva pertanto impugnato il provvedimento di diniego davanti al Tar che, dopo aver respinto il ricorso dell'associazione, citando l'art. 7 del testo unico bancario (d.lgs. n. 385/1993), ha stabilito che "tutte le notizie, le informazioni e i dati in possesso della Banca d'Italia in ragione della sua attività di vigilanza sono coperti da segreto d'ufficio anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni, a eccezione del Ministro dell'economia e delle finanze, Presidente del CICR. Il segreto non può essere opposto all'autorità giudiziaria quando le informazioni richieste siano necessarie per le indagini, o i procedimenti relativi a violazioni sanzionate penalmente". Inoltre, ha continuato il Tribunale amministrativo, "come affermato dal Consiglio di Stato nella citata sentenza n. 936/1998, l'art. 7 della legge bancaria costituisce un'ipotesi tipica di segreto o di divieto di divulgazione altrimenti previsto dall'ordinamento, che l'art. 24 comma 1 della legge 241/90 sottrae all'accesso, indipendentemente dalla sussistenza dei presupposti di cui al comma 2, lett. d)".

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