Le recenti circolari del Ministero dell'Interno n. 16, 17 e 20, rispettivamente datate 31 maggio, 8 giugno e 1° luglio 2010, istruiscono circa le modalità di formazione e rilascio del certificato con fotografia ai minori di anni quindici ai fini dell'espatrio, documento ammesso dall'Accordo europeo sulla circolazione delle persone fra i Paesi membri del Consiglio d'Europa, concluso a Parigi il 13 dicembre 1957. I chiarimenti ministeriali, come riportato nella prima circolare n. 16 del 31 maggio, hanno lo scopo di uniformare la forma ed i contenuti del documento, nonché l'iter procedimentale che, a partire dalla richiesta dell'interessato (cioè di coloro che esercitano la potestà nei confronti del minore) e fino alla convalida del certificato da parte della Questura, deve essere soddisfatto. Chiarimenti sui chiarimenti, anche in dottrina, sui dati che devono figurare sul certificato siam tutti d'accordo, sulla figura comunale abilitata al rilascio (l'ufficiale d'anagrafe) anche, sul procedimento pure. Ma proprio quest'ultimo, il procedimento, assai diverso rispetto alla prassi precedente, ha riaperto il dibattito intorno ad una questione da tempo discussa e mai definitivamente risolta.
Discorriamo della legalizzazione di fotografie prevista dall'art. 34 del d.P.R. n. 445/2000. Il percorso istruttorio del quale istruisce la circolare n. 16/2010, prevede, dopo il rilascio del certificato a cura del Comune, l'apposizione della fotografia da parte della questura. Dunque, niente più certificato con foto direttamente apposta dall'ufficiale d'anagrafe che, prima del 31 maggio 2010, consentiva, ai genitori più "intraprendenti", di utilizzare quel certificato per scopi diversi dall'espatrio e, comunque, senza convalida della questura. Ed il problema della legalizzazione di fotografia ai minori di anni quindici veniva così facilmente schivato quando quella fotografia serviva in realtà per il "confezionamento" di tesserini sportivi, scolastici od anche per il semplice riconoscimento del minore all'imbarco aereo per tratte nazionali. L'ufficiale d'anagrafe, magari, sapeva, ma non poteva certo rifiutare il certificato e la legalizzazione della foto apposta.
Cambiata la procedura, il problema, cioè l'interpretazione della norma (il precitato art. 34, del d.P.R. n. 445/2000) ritorna attuale; i genitori non possono più "barare", il passaggio in questura va fatto e la scomodità dell'adempimento ha generato la rinnovata richiesta allo sportello anagrafico di legalizzare fotografie per uso "sportivo", "scolastico" o, più genericamente, con funzione identificativa del minore in frangenti i più disparati. Piovono quesiti e richieste di consulenza, ed anche urgenti, perché il genitore minaccia di denunciare l'ufficiale d'anagrafe, il sindaco preme perché venga data soddisfazione al cittadino (che è anche elettore), il collega del Comune a fianco si comporta in modo diverso. Qual è l'interpretazione corretta della norma? Per onestà intellettuale e dovere professionale non è possibile celare l'esistenza di due scuole di pensiero. L'una, la più accreditata e forse la più rigida, considera la legalizzazione di fotografia solo in funzione del rilascio di un "altro" documento personale, interpretando il comma 1, dell'art. 34, del d.P.R. n. 445/2000 nel modo più "severo" possibile.
Sui documenti personali, di identificazione e d'identità, informano gli artt. 1 e 35 dello stesso d.P.R. n. 445/2000, e, nonostante la poca chiarezza della novella, non pare ritrovarsi tra le definizioni e le elencazioni, qualcosa che assomigli ad un documento per minori di anni quindici, in funzione del quale sarebbe ammissibile la legalizzazione della fotografia. L'altra, ammette la legalizzazione considerando quest'ultima come un documento di riconoscimento a tutti gli effetti, in quanto, avute presenti le lettere c) e d), comma primo, art. 1, del Testo Unico in materia di documentazione amministrativa, è comunque dotato di fotografia del titolare e rilasciato da una pubblica amministrazione italiana che consenta l'identificazione personale del titolare. Ad una più attenta lettura della norma, intervenuta successivamente alla Circolare n. 3/1995, la seconda tesi è più possibilista per i seguenti motivi. Posto che ritengo la novella di cui all'art. 34 del d.P.R. n. 445/2000 malamente scritta, osservo: 1. non esiste una norma che, eccezion fatta per la carta d'identità, codifica i documenti di riconoscimento e d'identità in relazione alle descrizioni di cui alle lettere c) e d), comma 1°, art. 1, del d.P.R. n. 445/2000; 2. non esiste di fatto una norma che vieta la legalizzazione di fotografie quando l'interessato alla legalizzazione è un minore di anni quattordici (così come non esisteva all'epoca della Circolare Miacel n. 3/1995 per i quattordicenni); 3. le predette lettere c) e d), primo comma, art. 1, del d.P.R. n. 445/2000, discorrono "genericamente" di … ogni documento munito di fotografia del titolare rilasciato … da una pubblica amministrazione, rispettivamente ".. che consente l'identificazione personale del titolare" (lett. c) e "con la finalità prevalente di dimostrare l'identità personale del suo titolare" (lett. d). Parrebbe dunque del tutto evidente che, ad esempio, nel caso di rilascio di un tesserino di riconoscimento da parte di una pubblica amministrazione quale (caso frequente) un istituto scolastico, quest'ultimo dovrà provvedere per la legalizzazione della fotografia del minore (comma 1°, primo periodo, art. 34, d.P.R. n. 445/2000) o, in alternativa, vi potrà provvedere a richiesta dell'interessato (di chi esercita la potestà genitoriale in caso di minore - ed anche qui vi sarebbe da discutere sulla capacità del minore di formalizzare istanze - ma questo è un altro discorso), il funzionario incaricato dal sindaco (primo comma, secondo periodo, art. 34, d.P.R. n. 445/2000). E ciò sarà possibile proprio in ragione delle precedenti osservazioni. In caso di legalizzazione richiesta per scopi diversi dal successivo rilascio di documenti personali da parte di pubbliche amministrazioni (e cioè per la semplice funzione identificativa del titolare) cosa vieta di considerare la medesima fotografia legalizzata dal funzionario incaricato dal sindaco, quale documento (se non proprio d'identità) di riconoscimento (lettera c)? L'art. 35 elenca i documenti equipollenti alla carta d'identità, ma il primo comma li riferisce ai "casi in cui nel presente testo unico viene richiesto un documento d'identità" e non a tutti i contesti possibili. Il problema potrebbe anche essere ridotto a molto meno: a prescindere dall'accademica discussione, allo sportello l'ufficiale d'anagrafe può rifiutare la legalizzazione di fotografia di un minore? Con quale giuridicamente precisa motivazione? Accade, non spesso, che la dottrina non addivenga immediatamente ad armoniche soluzioni, e questo è uno di quei casi. Soccorre la scienza e la coscienza di ciascuno nel condividere ed applicare questa o quell'altra tesi. Ma v'è uno spiraglio di (parziale) soluzione: agli atti del Senato è depositato il disegno di legge n. 2243, approvato dalla Camera dei deputati il 9 giugno 2010, ad oggetto: "Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica Amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione". L'art. 24, intervenendo sul R.D. 18 giugno 1931, n. 773, prevede il rilascio della carta d'identità alle persone di età superiore agli anni dieci (10). La prescrizione non lascerebbe spazio a interpretazioni differenti. Ci auguriamo che presto il disegno diventi legge. Gabriele Casoni - Direttore della Rivista "Lo Stato Civile Italiano" - www.sepel.it

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