Chi dopo un intervento chirurgico sbagliato non riesce più a fare sesso ha diritto al risarcimento del danno non patrimoniale. Lo ricorda la Corte di cassazione specificando che privare una coppia dell'attività sessuale significa far venir meno l'essenza stessa della vita coniugale. Con questa motivazione (sentenza 11958/2010) i giudici di Piazza Cavour hanno accolto il ricorso di una 40enne romana che dopo un intervento avvennuto per agevolare il parto aveva riportato gravi lesioni che le avevano procurato una irreversibile incontinenza anale. Una delle conseguenze era stata che la coppia non riusciva piu' ad avere rapporti sessuali. Il Tribunale di Roma, pur avendo accertato la colpa medica aveva riconosciuto alla donna un risarcimento che non teneva conto delle ripercussioni avute nella sfera sessuale. La suprema Corte ora aggogliendo il ricorso ha evidenziato che in casi del genere si deve considerare anche "il pregiudizio non patrimoniale consistente nella sofferenza morale determinata dal non poter fare e quindi anche la menomazione di quella particolare dignita' della affectio coniugalis nelle sue manifestazioni amorose". "Il danno morale - spiega la Corte - esige il rispetto della persona specie in relazione alla particolare natura che incide direttamente sui rapporti di coniugio". Venendo al caso concreto, la Corte ha rilevato che "il pregiudizio serio attiene al valore costituzionale del matrimonio
e della sua vita comune e pertanto non si tratta di sola salute, ma della stessa essenza della vita coniugale".

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