Con la sentenza n. 9217 depositata il 19 aprile le sezioni unite della Cassazione, risolvendo un contrasto giurisprudenziale (sulla corretta interpretazione dell'art.182 comma 2, c.p.c., laddove, nel suo testo originario poi modificato dalla legge n. 69 del 2009, prevede che "quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione, il giudice può assegnare alle parti un termine per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, o per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, salvo che si sia avverata una decadenza"), hanno stabilito che l'incapacità ad agire può essere sanata nel corso del processo a fonte di un originario difetto della stessa. Proponendo ricorso in appello, un uomo, si era visto respingere il ricorso per nullità dello stesso: l'uomo era stato inabilitato nel 1999 e la sua curatrice aveva si era costituita dopo il termine di decadenza. Le sezioni Unite, investite della questione su ricorso proposto dall'uomo inabilitato, hanno così deciso che "le invalidità derivanti dal difetto di capacità processuale possono essere sanate anche di propria iniziativa dalle parti; segnatamente con la regolarizzazione della costituzione
in giudizio della parte cui l'invalidità si riferisce. Mentre l'intervento del giudice inteso a promuovere la sanatoria è obbligatorio, va esercitato in qualsiasi fase o grado del giudizio, e ha efficacia ex tunc, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali".

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