Il 26 marzo 2010 la Corte Costituzionale ha depositato una rilevante sentenza, contraddistinta con il numero 121/2010 - Relatore il Dott. Gaetano Silvestri, con cui ha falcidiato il piano casa (vale a dire il piano nazionale di edilizia abitativa risalente al 2008) del Governo sul presupposto che l'intesa Stato-Regioni deve avvenire su un piano paritetico; pertanto, non è ammissibile che una norma preveda, in ipotesi di mancata intesa tra Stato e Regioni nel termine di giorni novanta, la possibilità di approvazione degli accordi di programma. Talché, sono state invalidate numerose disposizioni contenute nel decreto legge
n°112/2008. Lasciamo la parola al Redattore: "la disposizione censurata, nella parte in cui prevede accordi di programma, approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera del CIPE, d'intesa con la Conferenza unificata, è coerente con quanto stabilito dal comma 1 del medesimo articolo e rappresenta il necessario momento di raccordo tra Stato e Regioni nella fase della realizzazione del piano nazionale. È previsto - prosegue la Consulta - uno strumento 'forte' di leale collaborazione, l'intesa appunto, imposto dall'incidenza del principio di sussidiarietà, secondo la giurisprudenza di questa Corte. Limitatamente a tale profilo, la norma risulta pertanto immune dai vizi di legittimità costituzionale denunciati dalle ricorrenti.
A diversa conclusione - (e qui si arriva al fulcro del ragionamento della Corte Costituzionale: n.d.r.) - si deve pervenire con riferimento all'ultimo periodo del suddetto comma 4, che prevede: 'Decorsi novanta giorni senza che sia stata raggiunta la predetta intesa, gli accordi di programma possono essere comunque approvati'. Tale norma vanifica la previsione dell'intesa, in quanto attribuisce ad una delle parti 'un ruolo preminente, incompatibile con il regime dell'intesa, caratterizzata […] dalla paritaria codeterminazione dell'atto'; non è legittima infatti 'la drastica previsione, in caso di mancata intesa, della decisività della volontà di una sola delle parti, la quale riduce all'espressione di un parere il ruolo dell'altra' e qui la Suprema Corte regolatrice richiama la propria sentenza n. 24 del 2007. Prosegue il Relatore: "Il superamento delle eventuali situazioni di stallo deve essere realizzato attraverso la previsione di idonee procedure perché possano aver luogo 'reiterate trattative volte a superare le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo' (sentenza n. 339 del 2005)". Afferma perentoriamente la Consulta che "se queste cautele sono valide per tutti casi in cui sia prevista un'intesa, esse acquistano una pregnanza particolare nel sistema dei rapporti tra Stato e Regioni, in cui sono da integrare la potestà unificatrice del primo e le autonomie costituzionalmente tutelate delle seconde". La motivazione prosegue ricordando che "l'art. 3, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 281 del 1997 contiene una norma di chiusura in quanto prevede che '3. Quando un'intesa espressamente prevista dalla legge non è raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata". Va, da ultimo, ricordato che, a prescindere dall'orientamento politico dei Governatori in carica, contro la manovra del Ministro Tremonti si erano scagliate una sequela di Regioni Italiane: Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Puglia, Campania, Liguria, Umbria, Sicilia e Veneto. In buona sostanza, per quanto il provvedimento della Consulta risulti assai articolato e strutturato, con la pronuncia qui segnalata si censura il contrasto con la totale libertà che deve ispirare le Regioni nella conduzione delle trattative per raggiungere gli accordi.
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