Il giornalista che sottrae temporanemente un fascicolo dal Tribunale per dimostrare l'inefficienza dei sistemi di sicurezza non commette reato. Parola di Cassazione. Quello che normalmente dovrebbe considerarsi un comportamento sanzionabile a norma dell'art. 351 del codice penale (Violazione della pubblica custodia di cose), non è applicabile se il fatto è compiuto con estrema rapidità. La decisione è della sesta sezione penale della Corte (sentenza n. 4699/2010) che nella motivazione chiarisce come non può configurare reato la condotta del giornalista che per scrivere un pezzo di cronaca, si introduca in un Tribunale e prelevi atti dagli armadietti per poi ricollocarli al loro posto dopo averli consultati. Si tratta secondo la Corte di una condotta che data la sua "assoluta immediatezza" (apertura , asportazione, uscita e rientro nel palazzo) non può ricondursi alla nozione di sottrazione. Mancherebbe in sostanza l'elemento oggettivo del reato giacché, spiega la Corte, nella fattispecie non vi sarebbe stata neppure quella "temporanea rimozione" che richiede quanto meno un apprezzabile mantenimento del bene nell'esclusiva disponibilità di chi lo sottrae. Nel caso esaminato dalla Corte una giornalista aveva scritto un articolo su un quotidiano locale dando conto del suo gesto per denunciare i disservizi della giustizia.
Un fotografo aveva anche documentato l'accaduto.

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