La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 20948/2009) ha stabilito che "in tema di contratto bancario per il servizio delle cassette di sicurezza, la clausola negoziale che limiti il risarcimento del danno da parte della banca (nella specie, per furto) nell'ambito del valore massimo dei beni introdotti nella cassetta, ancorché tale valore sia ragguagliato a vari livelli di canone, senza tuttavia che sia evidenziato preventivamente il divieto per il cliente di introdurre valori eccedenti il pattuito, non delimita l'oggetto del contratto
- con il quale la banca non assume l'obbligo della custodia e della garanzia delle cose contenute nella cassetta, bensì quello di fornire locali idonei, di custodirli e di garantire l'integrità della cassetta - ma realizza un patto di esonero di responsabilità, il quale è nullo, ai sensi dell'art. 1229, primo comma, cod. civ., nell'ipotesi in cui il danno derivi da colpa grave della banca, senza che tale clausola nulla possa influire sulla limitazione quantitativa del danno risarcibile sotto il profilo della prevedibilità del danno stesso 8art. 1225 cod. civ.)". Gli Ermellini hanno poi chiarito che "la giurisprudenza ritiene (…), che il danno non patrimoniale, costituendo pur sempre un danno-conseguenza, deve essere specificamente allegato e provato ai fini risarcitori, non potendo mai considerasi ‘in re ipsa'".

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