La Cassazione (Sentenza n. 22105/2009) afferma che il lavoratore può liberamente disporre dl diritto d'impugnare il licenziamento
La Cassazione (Sentenza n. 22105/2009) ha affermato che il lavoratore può liberamente disporre dl diritto d'impugnare il licenziamento, facendone oggetto di rinunce o transazioni, che sono quindi sottratte alla disciplina di cui all'articolo 2113 c.c., il quale considera impugnabili i soli atti abdicativi di diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili di legge o dei contratti collettivi.

Difatti, l'interesse del lavoratore alla prosecuzione del rapporto di lavoro rientra nell'area della libera disponibilità, come si può desumere dalla facoltà di recesso ad nutum, di cui lo stesso dispone, dall'ammissibilità di risoluzioni consensuali del contratto di lavoro e dalla possibilità di consolidamento degli effetti del licenziamento illegittimo per mancanza di tempestiva impugnazione.

Nell'applicare tale principio alla vicenda di specie, la Cassazione ha dunque evidenziato che una volta che la lavoratrice aveva rinunciato alla reintegrazione nel posto di lavoro, accettando una somma " a saldo e stralcio di ogni sua spettanza", il recesso datoriale non era più illegittimo, e non erano più dovute somme a titolo di risarcimento per eventuale illegittimità originaria del licenziamento.


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