La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione (Sent. n. 24202/2009) ha stabilito che l'avvocato che non ha maturato trent'anni di contributi non ha diritto alla restituzione di quelli versati "ai fini pensionistici" se, dopo aver compito 65 anni, decide di cancellarsi dall'albo. La Corte ha evidenziato che "gli enti previdenziali privatizzati - nell'esercizio della propria autonomia, che li abilita ad abrogare o derogare disposizioni di legge - possono adottare, in funzione dell'obiettivo di assicurare equilibrio di bilancio e stabilità delle rispettive gestioni, provvedimenti (quale, nella specie, l'articolo 4 del regolamento della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, nel nuovo testo risultante dalla delibera
del 28 febbraio 2004, adottata dal Comitato dei delegati, ai sensi dell'articolo 2, commi 25 e 26, della legge n. 335 del 1995, ed approvata dai Ministeri vigilanti), che - fermo restando il sistema retributivo di calcolo della pensione - introducono la facoltà di optare per il sistema contributivo, a condizioni di maggior favore per gli iscritti, ed -in coerenza con la stessa facoltà di opzione, che comporta l'ampliamento dell'area di utilizzabilità a fini pensionistici dei contributi legittimamente versati - stabiliscono la regola della non restituibilità dei contributi medesimi - tacitamente abrogando la previsione in senso contrario, affatto eccezionale, di precedente disposizione di legge (…) - in quanto ne risulta, da un lato, il rispetto dei limiti dell'autonomia degli enti (…) - dal quale dipende la idoneità dei loro atti di delegificazione a realizzare l'effetto perseguito (…) - e non ne derivano, dall'altro, lesioni di diritti quesiti, né di legittime aspettative o dell'affidamento nella certezza del diritto e nella sicurezza giuridica".

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