Le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione (Sent. n. 38691/2009) hanno stabilito che in mancanza di norme omogenee, la confisca per equivalente può essere applicata solo al prezzo del reato di peculato e non al profitto. Gli Ermellini in particolare hanno osservato che "la previsione della ‘confisca per equivalente' (…) - nel caso in cui i beni costituenti il profitto del prezzo del reato non siano aggredibili per qualsiasi ragione - è rivolta a superare gli ostacoli e le difficoltà per la individuazione dei beni in cui si ‘incorpora' il profitto iniziale, nonché ovviare ai limiti che incontro la confisca dei beni di scambio o di quelli che ne costituiscono il reimpiego". Secondo la corte ciò determina che "la stessa confisca per equivalente - alla quale è funzionale il sequestro preventivo
di ciò che a tale provvedimento ablativo può essere soggetto all'esito del procedimento - può riguardare (a differenza dell'ordinaria confisca prevista dall'art. 240 cod. pen., che può avere ad oggetto soltanto cose direttamente riferibili al reato) beni che, oltre a non avere alcun rapporto con la pericolosità individuale del reo, neppure hanno alcun collegamento diretto con il singolo reato". Nella parte motiva della sentenza la Corte spiega che la ratio dell'istituto è quella di "privare il reo di un qualunque beneficio economico derivante dall'attività criminosa, anche di fronte all'impossibilità di aggredire l'oggetto principale, nella convinzione della capacità dissuasiva e disincentivante di tale strumento, che assume ‘i tratti distintivi di una vera e propria sanzione".

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