L'art. 1102 del Codice Civile dispone, al primo comma, che "Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto" Raccordando questa norma con l'art. 1130 che definisce le attribuzioni dell'amministratore del condominio e che comprende tra i suoi poteri anche quello di disciplinare l'uso delle cose comuni, la Corte di Cassazione (sentenza 13626/2009) ha chiarito che "Il potere dell'amministratore di disciplinare l'uso delle cose comuni, di cui all'art. 1130 c.c., comma 1, n. 2, è finalizzato ad assicurare il pari uso di tutti i condomini". Tale potere però non può estendersi fino al punto di riconoscere all'amministratore la possibilità di negare ad un solo condomino ciò che è invece consentito a tutti gli altri. Nella fattispecie si discuteva in merito a una servitù di passaggio
. Uno dei condomini sosteneva di avere diritto di accesso alla propria proprietà esclusiva attraverso le aree comuni ma tale diritto gli veniva contestato dal condominio. IN relazione a tali contestazioni l'amministratore aveva quindi rifiutato di consegnargli le chiavi del portone. La Corte ha evidenziato che ove si riconoscessse tale potere all'amministratore, si verrebbe a menomare il diritto che deriva al singolo condomino dal suo titolo di acquisto in contrasto con il disposto dell'art. 1138 c.c., comma 3.

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