La sesta sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza del 7 aprile 2009 n. 14973, ha stabilito che "nei confronti dell'ente è sempre disposto, con sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato" come previsto dall'art.19 del decreto legislativo
dell'8 giugno 2001 n.231, recante disposizioni in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica. Secondo quanto si apprende dalla vicenda, il pubblico ministero presso il tribunale di Pordenone, aveva proposto ricorso contro l'ordinanza che disponeva il dissequestro di una cospicua quantità di danaro di una società, i cui vertici aziendali sono indagati per vari reati come truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e malversazione a danno dello Stato. Il Gip di Pordenone, aveva disposto il sequestro preventivo
"di beni valori e utilità nella disponibilità della società per un totale di 3 milioni di euro. Il tribunale del riesame per, con ordinanza, aveva disposto l'annullamento del sequestro in quanto i reati contestati non giustificavano "la confisca e quindi il sequestro per equivalente del profitto del reato" . La Corte, accogliendo ricorso del pubblico ministero, ha annullato l'ordinanza che disponeva il dissequestro di ingenti somme di danaro per un totale di 3 milioni di euro, rinviando la causa al tribunale di Pordenone che si dovrà attenere ai principi espressi dalla Corte, affermando che deve essere sempre sequestrato il denaro che i vertici della società per azioni hanno fatto guadagnare alle imprese con affari che hanno integrato i reati per i quali sono finiti sotto processo. La Corte accoglie inoltre il ricorso del Pubblico Ministero in riferimento all'esclusione del reato di truffa in quanto la condotta dei vertici aziendali sarebbe stata valutata come non fraudolenta.

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