La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 45513/2008) ha stabilito che il delegato e i consiglieri di una società sono responsabili penalmente, per dolo eventuale, di quanto commesso dai coamministratori, unici promotori dell'operazione finanziaria fraudolenta, e cioè per il solo fatto di non essere intervenuti pur potendo prevenire e immaginare la falsa rappresentazione della situazione patrimoniale dell'impresa. Gli Ermellini hanno infatti precisato che "la responsabilità concorsuale può ascriversi anche nella forma del dolo eventuale, quando chi agisce si rappresenta la probabilità del fatto illecito e, ciononostante, permanga nella colpevole inerzia, così accettando il rischio della perdita patrimoniale per l'organismo che amministra.
Da tanto consegue, ai sensi dell'art. 2740 cod. ci., la responsabilità per la lesione degli interessi dei creditori […]. Lo schema su cui si fonda questo percorso argomentativi è quello descritto dall'art. 2392 (co. 1) cod. civ., che prevede una serie di obblighi imposti all'amministratore sia dalla legge sia dall'atto costitutivo, adempimenti che debbono essere assolti con diligenza […]. Più precisamente, la norma accolla (co. 2) agli amministratori il dovere di porre in essere ogni possibile condotta per impedire eventi dannosi per la società, tra cui - espressamente previsto - ogni obbligo inerente alla conservazione del patrimonio a tutela delle pretese creditore (art. 2394). Per questa ragione è configurabile in capo all'amministratore della società una posizione di garanzia, che lo obbliga ad un comportamento che tuteli gli interessi indicati dal codice (e da eventuali leggi speciali), in assenza del quale sorge la responsabilità penale (sostanzialmente per omesso controllo, indipendentemente dal generale dovere di vigilanza che l'art. 2392, nella sua pre-vigente formulazione, imponeva) per il tramite del nesso causale, descritto dall'art. 40 co. 2 cod. pen. (accertabile con giudizio prognostico, di natura controfattuale, consueto per la verifica del nesso eziologico proprio dei reati omissivi)".
Infine, la Corte ha evidenziato che "la prova della rappresentazione dell'evento non suppone una completa conoscenza dello stesso, né è richiesto che pervenga al soggetto per tramiti formali o pre-determinati, anche se - si ribadisce - la sua dimostrazione discende da di presunzioni, bensì dalla positiva verifica della rappresentazione di una ragionevole probabilità del suo avveramento. Al riguardo, nell'economia del dolo eventuale, sono di decisivo rilievo gli ‘indici di allarme', sintomi eloquenti del fatto in itinere. Dalla loro relativa consapevolezza soltanto (e non dall'accadimento della sua compiuta fisionomia) deve darsi pieno riscontro in capo all'imputato, preposto alla posizione di garanzia, ma la dimostrata percezione di questi sintomi di pericolo, concreta adeguato riscontro alla penale responsabilità, salvo che sia fornita convincente e legittima giustificazione sulle ragioni che hanno indotto il soggetto all'inerzia".

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