La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Sent. n. 19362/2008) ha stabilito che, ai fini dell'accertamento dei redditi di una società di capitali, il fisco può fare indagini anche sui conti correnti bancari personali dei soci e amministratori oltre che sui conti formalmente intestati all'impresa. In particolare, la Corte ha precisato che "ai sensi dell'art. 51, secondo comma, nn. 2 e 7 del d.P.R. 633/72, l'acquisizione, degli istituti di credito, di copia dei conti bancari intrattenuti con il contribuente e l'utilizzazione dei dati da essi risultanti ai fini delle rettifiche e degli accertamenti (se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili), non possono ritenersi limitate, in caso di società di capitali, ai conti formalmente intestati alla società, ma riguardano anche quelli formalmente intestati ai soci, amministratori o procuratori generali, allorché risulti provata dall'Amministrazione finanziaria, anche tramite presunzioni, la natura fittizia dell'intestazione o, comunque, la sostanziale riferibilità all'ente dei conti medesimi o di singoli dati od elementi di essi".
"Ritenuto pertanto - prosegue la Corte - che la disciplina di cui all'art. 51 cit. si applica anche ai conti formalmente intestati a soci, amministratori o procuratori generali, allorché risulti provata anche per presunzioni (come nella specie), la natura fittizia dell'intestazione, tale disciplina deve applicarsi nella sua interezza, ivi compresa la previsione di inversione dell'onere della prova, posto che, una volta parificato il conto intestato all'amministratore al conto intestato alla società, scatta l'ulteriore presunzione legale di carattere relativo che consente all'amministrazione finanziaria di rettificare su basi presuntive la dichiarazione del contribuente utilizzando i dati relativi ai movimenti sui conti bancari, gravando sul contribuente l'onere di fornire la prova contraria".

Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: