In sede di indennizzo per danni derivanti da emotrasfusioni (Legge 210/92) non può essere riconosciuta lecita la richiesta di un risarcimento per il ritardo nella corresponsione della prestazione, ulteriore rispetto a quello già attribuito a titolo di rivalutazione dell'indennizzo e degli interessi.
Lo ha stabilito la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione (Sent. n. 6436/2008) con la quale si è precisato che "il danno non patrimoniale deve essere risarcito non solo nei casi previsti dalla legge ordinaria, ma anche nei casi di lesione di valori della persona umana costituzionalmente protetti (come la salute, la famiglia, la reputazione, la libertà di pensiero)" e che "nel caso di specie, il beneficio in questione riguarda peraltro una prestazione di natura assistenziale, posta a carico dello Stato in ragione del dovere di solidarietà sociale, e che non ha quindi natura risarcitoria, né può essere qualificata, per la sua funzione, come strumento direttamente rivolto alla garanzia del diritto alla salute". Sulla scorta di tali premesse, la Corte ha ritenuto "infondata la pretesa ad un risarcimento per il ritardo nella corresponsione della prestazione, ulteriore a quello già attribuito a titolo di rivalutazione dell'indennizzo
ed interessi".

Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: