Il contratto a progetto o co.co.pro, introdotto dalla Legge Biagi n. 30/2003, era un tipo di contratto di lavoro abrogato nel 2015

Contratto a progetto: nascita

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Il contratto a progetto (co.co.pro) nasce con la ‘Legge Biagi' n. 30/2003, che lo contempla all'art. 4. Per diversi anni il co.co.pro ha avuto un'importanza cruciale Mercato del lavoro, come sottolineato all'epoca dal Ministero del Lavoro che per questo aveva emanato ben 4 circolari per fornire chiarimenti e indicazioni operative (sotto elencate).

Nel tempo la giurisprudenza e i riscontri degli Ispettori del lavoro hanno fornito informazioni preziose al fine di scongiurare che il contratto a progetto venisse utilizzato come strumento per eludere la normativa sul lavoro subordinato.

Ai sensi dell'art. 61 del d.lgs. 276/2003 contenente l'"Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30" le collaborazioni coordinate e continuative dovevano essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro (o fasi di esso). Erano pertanto illegittimi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa posti in essere al di fuori di questo schema negoziale tipico, con la conseguenza della trasformazione del rapporto di lavoro a progetto in rapporto subordinato a tempo indeterminato.

Centralità del progetto

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Dal punto di vista normativo si era stabilito che il contratto a progetto potesse essere validamente e legittimamente stipulato per lo svolgimento di un'attività progettuale resa in piena autonomia e sulla base di un mero coordinamento con il committente (nell'ambito del contratto a progetto era più corretto parlare di committente piuttosto che di datore di lavoro).

Esso doveva tendere al raggiungimento di un risultato predeterminato e la forma scritta era richiesta soltanto ai fini della prova. In altre parole, essa assumeva valore decisivo per l'individuazione del progetto o programma di lavoro (o fase di esso). In mancanza di forma scritta, infatti, il committente aveva difficoltà non indifferenti nel dimostrare che la prestazione lavorativa poteva essere ricondotta nell'ambito del contratto (autonomo) a progetto.

Se nel contratto mancava totalmente l'indicazione del progetto, il rapporto di lavoro si trasformava infatti e automaticamente in lavoro subordinato a tempo indeterminato, a meno che il committente non riusciva a fornire la prova dell'esistenza di un rapporto di lavoro effettivamente autonomo. Se, invece, il progetto esisteva ed era indicato nel contratto, era il lavoratore a dovere dimostrare la natura subordinata del rapporto di lavoro e che il progetto, in concreto, non esisteva.

Il progetto o programma di lavoro (o fase di esso) doveva essere specificato ed individuato in modo specifico. Esso poteva essere funzionalmente correlato all'attività esercitata dall'impresa, ma non poteva in nessun modo coincidere con essa. Il progetto indicato nel contratto pertanto non poteva limitarsi a descrivere il mero svolgimento dell'attività esercitata dall'impresa né poteva consistere nella semplice elencazione, seppur analitica, delle mansioni del lavoratore.

Natura autonoma del rapporto

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L'inserimento del collaboratore a progetto nel contesto aziendale non poteva essere considerato un elemento decisivo per la natura subordinata del rapporto di lavoro, dall'altro era, però, necessario che il collaboratore avesse una autonomia di scelta sulle modalità esecutive di svolgimento della propria prestazione lavorativa. Il lavoro a progetto infatti aveva natura autonoma ed era proprio questo l'elemento che lo differenziava dal rapporto di lavoro subordinato.

Doveva, dunque, mancare qualsiasi tipo di direzione e controllo, da parte del committente, sull'attività del collaboratore, inoltre era ininfluente il tempo impiegato per l'esecuzione dell'attività lavorativa: a rilevare era la realizzazione del progetto. Per questo si parlava di un'obbligazione di risultato e non di durata a carico del lavoratore.

Ecco perché il compenso del collaboratore non poteva essere legato esclusivamente al tempo della prestazione, come nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato.

La non ingerenza del committente nell'attività lavorativa del collaboratore comportava anche che egli non poteva e non doveva attuare alcun potere disciplinare nei confronti dello stesso.

Come funzionava il lavoro a progetto

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Per quanto riguarda le concrete modalità operative con le quali dovevano essere rese le prestazioni lavorative, una prestazione ripetitiva e predeterminata era difficilmente compatibile con una attività di carattere progettuale. Inoltre, il collaboratore non doveva essere utilizzato per una molteplicità di generiche attività estranee al progetto.

La sua prestazione non doveva in nessun caso risolversi in una mera messa a disposizione di energie lavorative in favore del committente.

Per quanto riguarda, infine, la proroga del contratto, se il risultato indicato nel progetto non veniva raggiunto entro la scadenza del contratto, la proroga ingiustificata - così come il rinnovo del contratto per un progetto identico al precedente - costituivano elementi particolarmente incisivi per la prova della subordinazione.

Abrogazione del contratto a progetto

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Nonostante i controlli degli Ispettorati e gli interventi della giurisprudenza, il contratto a progetto è stato abrogato nel 2015 con l'entrata in vigore del Jobs Act, perché utilizzato in modo improprio a discapito del lavoratore.

Il decreto legislativo n. 81/2015 ha dedicato al co.co.pro l'art. 52 intitolato "Superamento del contratto a progetto" disponendo che: "Le disposizioni di cui agli articoli da 61a 69-bis del decreto legislativo n. 276 del 2003 sono abrogate e continuano ad applicarsi esclusivamente per la regolazione dei contratti già in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto (24.06.2015). 2. Resta salvo quanto disposto dall' articolo 409 del codice di procedura civile."

Circolari su aspetti del contratto di lavoro a progetto

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Circolare n. 1/2004 del Ministero del Lavoro. Il Ministero fornisce indicazioni sulla disciplina sostanziale del contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto (co.co.pro.), evidenziando il presupposto fondamentale dell'autonomia della prestazione e le caratteristiche del "progetto, programma di lavoro o fase di esso".

Circolare n. 17/2006 del Ministero del Lavoro. Con riferimento al settore dei call center, il Ministero interviene ad individuare le modalità di corretto utilizzo di tale tipologia contrattuale, descrivendo in modo analitico le forme di svolgimento della prestazione lavorativa.

Circolare n. 4/2008 del Ministero del Lavoro. Il Ministero offre agli organi di vigilanza concrete indicazioni operative per una più incisiva ed uniforme azione ispettiva volta a ricondurre l'utilizzo del contratto a progetto nell'ambito delle finalità individuate dalla legge. Il Ministero, inoltre, fornisce un elenco di alcune particolari attività lavorative che sembrano difficilmente compatibili con la tipologia del contratto a progetto. Eccole:

  • addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici;
  • addetti alle agenzie ippiche;
  • addetti alle pulizie;
  • autisti e autotrasportatori;
  • babysitter e badanti;
  • baristi e camerieri;
  • commessi e addetti alla vendita;
  • custodi e portieri;
  • estetiste e parrucchieri;
  • facchini;
  • istruttori di autoscuola;
  • letturisti di contatori;
  • manutentori;
  • muratori e qualifiche operaie dell'edilizia;
  • piloti e assistenti di volo;
  • prestatori di manodopera nel settore agricolo;
  • addetti alle attività di segreteria e terminalisti.

Per quanto riguarda le suddette attività lavorative, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato si presume. Incombe, infatti, sul committente l'onere di provare la riconducibilità del rapporto di lavoro nell'ambito dell'autonomia e, quindi, del rapporto di lavoro a progetto.

Circolare n. 8/2008 del Ministero del Lavoro. Il Ministero fornisce nuove indicazioni sul processo di trasformazione/stabilizzazione dei rapporti di collaborazione in rapporti di lavoro subordinato (D.L. 248/2007 conv. Legge 31/2008).

Gli elementi che identificano un rapporto di lavoro di natura subordinata

I Giudici del Lavoro intendono la subordinazione come "assoggettamento gerarchico del lavoratore al potere di direzione e controllo del datore di lavoro". La giurisprudenza ha individuato alcuni indici che possono concorrere a dimostrare l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato:

  • la sottoposizione del lavoratore al potere disciplinare;
  • l'obbligo di eseguire la prestazione nell'orario stabilito dal datore di lavoro;
  • la predeterminazione e la continuità ideale della prestazione;
  • la periodicità, le caratteristiche e la misura del compenso del lavoratore;
  • l'assenza, per il lavoratore, del rischio concernente il risultato finale dell'attività;
  • la mancanza di una organizzazione propria del lavoratore che impiega quella del datore;
  • l'inserimento strutturale del lavoratore nell'organizzazione produttiva del datore di lavoro.

Maximilian Maria Russo (avvocato)

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