Con Sentenza n. 840/2007 la Corte di Cassazione penale ha confermato la condanna per omicidio colposo ad un medico neurologo per aver "colposamente cagionato la morte della paziente, in cura presso di lui per una sindrome depressiva dalla quale era affetta da anni, per non aver seguito un corretto dosaggio dei farmaci somministrati alla paziente provocando così un accumulo dei principi attivi contenuti nei medesimi farmaci da cui derivavano gravi alterazioni patologiche che cagionavano il decesso".
La condanna, pronunciata in primo grado e già confermata in secondo grado, è stata fondata su alcuni accertamenti giudiziali dai quali è emerso il sovradosaggio dei farmaci e il fatto che l'evento mortale non potesse essere stato provocato da altri fattori causali quali un'ingestione per via orale volontaria o casuale del farmaco da parte della paziente poi deceduta.
Nella motivazione della Sentenza si legge che il sanitario va condannato perché "ha violato il divieto di somministrare le terapie in dosaggi superiori a quelli previsti e senza tener conto della pericolosità dei fattori di accumulo" introducendo, così, "nel quadro clinico della paziente un fattore di rischio poi effettivamente concretizzatosi".

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