"La ripartizione del trattamento di reversibilità, in caso di concorso fra coniuge divorziato e coniuge superstite, aventi entrambi i requisiti per la relativa pensione, deve essere effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei rispettivi matrimoni, anche ponderando (alla luce della sentenza interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale 4 novembre 1999 n. 419), ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristica che presiede al trattamento di reversibilità, da individuare facendo riferimento all'entità dell'assegno di mantenimento
riconosciuto all'ex coniuge e alle condizioni economiche dei due, nonché alla durata delle rispettive convivenze matrimoniali: elementi questi che non possono essere pretermessi per il solo fatto che sugli stessi non si sia aperto alcun contraddittorio". E' questo il principio di diritto ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione (Sent. 10669/2007) che, nel confermare la sentenza della Corte di Appello, ha dichiarato infondato anche il secondo motivo di ricorso con cui una moglie superstite "deducendo vizio di motivazione, aveva rilevato che nel corso della convivenza matrimoniale (il marito si separò all'età di 47 anni) egli non aveva maturato il periodo contributivo utile per la pensione" e "sostenuto che nella determinazione della quota della pensione di reversibilità si doveva tener conto dell'apporto contributivo, durante il periodo di convivenza, alla pensione del de cuius".

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