"La responsabilità del datore di lavoro, per l'infortunio occorso ad un dipendente, non è esclusa dalla condotta imprudente del lavoratore, se non nei casi in cui quest'ultima presenti i caratteri dell'abnormità ed imprevedibilità. Per altro verso, il lavoratore che assuma la responsabilità ex art. 2087 c.c. del datore di lavoro, in relazione ad un infortunio occorsogli, non ha l'onere di provare specifiche omissioni del datore in relazione alle norme antinfortunistiche, essendo soltanto tenuto a provare l'infortunio, il danno derivatone, il nesso causale tra l'uno e l'altro e la nocività dell'ambiente di lavoro, gravando sul datore una volta provate tali circostanze - l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad evitare il verificarsi dell'evento dannoso. Tra tali cautele, poi, non rientra soltanto l'osservanza di puntuali precetti relativi alle macchine impiegate o a specifiche lavorazioni, ma anche l'adozione di misure relative all'organizzazione del lavoro tali da evitare che lavoratori inesperti siano coinvolti in lavorazioni pericolose, ed all'informazione dei dipendenti sui rischi e la pericolosità di macchine o lavorazioni. E tale dovere si atteggia in maniera particolarmente intensa nei confronti di lavoratori di giovane età e professionalmente inesperti e si esalta in presenza di apprendisti nei cui confronti la legge pone a carico del datore di lavoro precisi obblighi di formazione e addestramento, tra i quali non può che primeggiare l'educazione alla sicurezza del lavoro".
È quanto ha di recente stabilito la Suprema Corte (Sent. n. 11622/2007) accogliendo il ricorso proposto da un apprendista marmista che aveva subito nel 1999 un infortunio sul luogo di lavoro mentre aiutava due esperti operai a collocare una lastra di marmo sul banco di lavoro.

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