Il servizio postale nazionale è stato istituito con la legge n. 604 del 5 maggio 1862 dal Parlamento del Regno d'Italia per la gestione della corrispondenza

Servizio postale: la legge n. 604/1862

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Dopo la nascita ufficiale del Regno d'Italia, mentre il neonato parlamento nazionale dava inizio all'impianto amministrativo del Paese, avviato con la proclamazione a Re d'Italia di Vittorio Emanuele II - atto costitutivo del Regno d'Italia, 17 marzo 1861- Cavour, divenuto il primo presidente del Consiglio dei ministri del nuovo Stato, conferì al direttore delle Poste del regno di Sardegna, il conte Giovanni Battista Barbavara di Gravellona, l'incarico riorganizzativo dell'intera rete postale sul territorio: il primo intervento fu quello di collegare i due settori, comunicazione e mezzi di trasporto, conferendo la gestione del servizio postale, dei procacci e dei telegrafi al Ministero dei Lavori Pubblici, assieme a quella della rete ferroviaria, quest'ultima determinante nel garantire lo smistamento della posta, che andò a sostituire le carrozze a cavallo. L'iter legislativo giunse a compimento il 5 maggio 1862 quando, con la promulgazione della legge n. 604, entrata in vigore il primo gennaio 1863, fu istituito il servizio nazionale delle Regie Poste.[1]

Servizio pubblico postale: il funzionamento

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Un'unica amministrazione statale centralizzata veniva deputata a garantire il servizio pubblico postale, integrando e riorganizzando i diversi servizi postali che, precedentemente all'unità nazionale, riferivano ai diversi regni.

Impegno assunto dalla nuova amministrazione fu quello di assicurare che, anche nei piccoli centri, ove risultava antieconomico aprire un ufficio postale, fosse garantito un servizio adeguato. La ratio sottesa al provvedimento si ispirava ad alcuni concetti base, quali quello di servizio pubblico, di monopolio statale, con l'abrogazione delle concessioni private, di tutela della privacy della corrispondenza e di adozione di una tariffa unica, in base al peso e non alla distanza, attraverso l'impiego del francobollo. Inoltre, venne statuito che la Direzione generale delle poste, in seguito il Ministero, dovesse relazionare, con cadenza annuale, al ministro in carica ed al Parlamento, l'andamento dei servizi offerti. Tale obbligo fu sempre rispettato con la redazione annuale di volumi comprensivi di dati statistici, servizi, e notizie di carattere generale.

"Ben a ragione, pertanto, fra gli atti più importanti del Parlamento

italiano debbe annoverarsi la legge postale del 5 maggio 1862, la quale vuolsi avere in conto d'inestimabile beneficio, quand'anche non avesse altro merito che quello di aver ridotto ad un solo ed uniforme sistema le norme disparate, che regolavano il servizio di posta nelle diverse provincie italiane, felicemente ricongiunte in una sola famiglia. … Col 4 gennaio 1863 entrò in vigore in tutto il Regno la nuova legge postale, la quale, come è noto, fissa la tassa delle lettere spedite da un luogo all'altro dello Stato a 45 cent., se si francano, e a 30 cent, quella delle non franche ed attribuisce alla posta l'esclusivo privilegio del loro trasporto".[2]

Servizio postale nazionale: l'organizzazione

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Le nuove Poste, generate dall'opera di incorporazione delle amministrazioni postali degli Stati preunitari, furono le antesignane di quella che oggi si definisce logistica, implicando infatti un complesso lavoro di armonizzazione degli apparati tecnici quali i telegrafi, degli stipendi, delle divise, dell'organizzazione strutturale e della classificazione del personale, delle norme in generale e delle tariffe applicate ai diversi servizi offerti. Svolsero inoltre un fondamentale ruolo per l'unità del Paese, consentendo una veloce e tempestiva comunicazione tra le varie unità strutturali statali, tra il Governo centrale e le amministrazioni locali e tra i ministeri e le prefetture.[3] Per quanto attiene all'impianto amministrativo, la legge 604 istituì una Direzione generale responsabile di 18 direzioni compartimentali e 2.383 direzioni locali. Gli uffizi di posta, in base alla loro rilevanza, vennero denominati direzioni locali, uffizi primari, uffizi secondari e distribuzioni. Furono riservati esclusivamente agli impiegati di carriera le direzioni di compartimento, le direzioni locali e gli uffizi primari, componendosi così il ruolo numerico del personale dell'amministrazione, nel quale non erano compresi i supplenti degli uffizi secondari, i procacci e i pedoni che, in maggioranza, prestavano la loro opera in virtù di un contratto. Il 24 febbraio 1862, venne posto in circolazione il 10 centesimi bistro, considerato il primo francobollo italiano, raffigurante l'effige del re, Vittorio Emanuele II, che si differenziava da quello sardo del 1855 per la presenza di dentellatura. Tuttavia, solo nell'aprile dell'anno seguente, vi fu l'emissione del primo francobollo sul quale compariva, per la prima volta, la dicitura "francobollo italiano" il cui valore era di 15 centesimi seguita, nel dicembre dello stesso anno, dalla prima serie di francobolli che coprivano le tariffe postali del Regno d'Italia. All'indomani della nascita del nuovo Regno, emersero le preoccupazioni per la situazione economico-finanziaria del Paese e, nello specifico, il carente processo di accumulazione del capitale. La scarsità di risorse destinate al finanziamento sia del settore privato che di quello delle opere pubbliche era imputabile ad una generale arretratezza dell'impianto economico, dovuta alla carenza di un moderno ed evoluto sistema creditizio, a causa di un'insufficiente diffusione sul territorio degli sportelli bancari. Sulla scorta dell'esperienza del Regno Unito ove, nel 1861, era stato istituito un sistema di raccolta del risparmio attraverso le Poste, con l'obiettivo di stimolare ed agevolare la propensione al risparmio bancario che consentisse alla ricchezza non impiegata per i consumi di essere impiegata in modo produttivo, si giunse, dopo un lungo iter legislativo, alla Legge 27 maggio 1875, n. 2779[allegato]: "Per la istituzione delle casse di risparmio postali e per modificazioni alla legge 17 maggio 1863 sulla cassa dei depositi e prestiti" e alla promulgazione del Regio Decreto n. 2810 del 9 Dicembre 1875[allegato] che all'art. 2 statuiva che gli uffici postali in capo alla Direzione Generale delle Poste fossero succursali della Cassa di Risparmio Centrale. "Gli uffici postali del regno, gradatamente designati dal Governo, opereranno come succursali di una Cassa di risparmio centrale sotto la guarentigia dello Stato, e compenetrata nella Cassa dei depositi e prestiti istituita colla legge 17 maggio 1863, n. 1270". Nacquero così le casse di risparmio postali.[4]

Quattro anni più tardi, nel 1899, per scorporo della materia postale e telegrafica dal Ministero dei lavori pubblici, venne istituito il Ministero delle Poste e Telegrafi e, con R.D. 2 luglio 1890 n. 6954, il servizio postale fu delegato a specifiche Direzioni provinciali in ciascuna città capoluogo di provincia. Nel nuovo dicastero confluirono i servizi in capo alle direzioni generali delle poste e dei telegrafi che, in precedenza, erano alle dipendenze del Ministero dei Lavori Pubblici.

L'Amministrazione centrale era formata dal Segretariato Generale e da una Direzione Generale, quella provinciale da Direzioni provinciali, Direzioni locali, Uffici, Collettorie, Uffici ambulanti e natanti. Dal 1861, quando in capo al Ministero dei lavori Pubblici vi erano, indipendenti l'uno dall'altro, la Direzione generale delle poste e la Direzione generale dei telegrafi, vi fu la pubblicazione mensile del Bullettino postale e del Bullettino telegrafico. In seguito alla costituzione del Ministero delle Poste e dei Telegrafi, vennero unificati nel Bullettino del Ministero delle Poste e dei Telegrafi, in cui venivano pubblicate nuove leggi, regolamenti e disposizioni, si dava notizia sui servizi offerti e sulle modifiche apportate nella struttura organizzativa, quali quelle riferite al personale in servizio, all'apertura o alla chiusura degli uffici postali, e altro ancora.[5]

Le casse di risparmio postali

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Sottesa al pensiero di Adam Smith che, nella sua opera "An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations" del 1776, sosteneva che: "L'attività provvede l'oggetto, che la parsimonia accumula, ma qualsiasi cosa l'attività possa acquistare se la parsimonia non la risparmiasse e non l'accantonasse il capitale non crescerebbe mai", l'idea fondante alla base dell'istituzione delle Casse di risparmio postali fu quella di promuovere ed incentivare presso le classi sociali più umili proprio il concetto di parsimonia, data la convinzione che fosse stata proprio questa ad aver favorito, nei paesi europei dell'area centrale ed occidentale, la crescita e l'accumulazione della ricchezza. Il dibattito che accompagnò gli anni che condussero all'istituzione delle Casse di Risparmio postali, vide, a questo proposito, emergere due differenti visioni: coloro che, e tra questi Quintino Sella, più volte ministro delle Finanze e autore dell'elaborazione politica e legislativa del provvedimento che portò all'istituzione del risparmio postale, ritenevano che il concetto di parsimonia fosse lo strumento che poteva permettere alle fasce di popolazione più povera di accedere ad una quota di proprietà, travalicando così l'instabilità sociale; altri che, al contrario, intravvedevano nel connubio parsimonia/mutualismo l'opportunità di dare dignità alla condizione di lavoratore, non favorendo la mobilità sociale, bensì dando forza alla nuova società industriale, dal momento che il mutualismo avrebbe favorito le future generazioni: la capitalizzazione delle attività produttive sarebbe infatti stata il driver della crescita di profitti, salari e rendite.[6] Il progetto di legge sulle CR, fin dal 1870 promosso da Sella che ne sottolineava l'utilità sociale e le potenzialità a fini della crescita e dello sviluppo del risparmio nazionale che le Regie Poste avrebbero favorito grazie ad una capillare presenza sul territorio nazionale, subì nel corso degli anni seguenti numerose modifiche, rimanendo tuttavia, in gran parte dell'originale impianto l'idea di fondo della promozione dell'economia sociale e della finanza pubblica. I c.d. "servizi a denaro", introdotti con la sopracitata Legge 2779 "...sotto la guarentigia dello Stato e compenetrati nella cassa depositi e prestiti..." erano specificamente destinati al deposito ed al trasferimento di somme nel contesto del servizio postale, caratterizzandosi a volte quali servizi di tipo parabancario, altre di tipo bancario o in concorrenza con quest'ultimo, al punto che per svariati anni il sistema bancario dell'epoca li osteggiò. Il denaro raccolto venne impiegato per il finanziamento della Cassa Depositi e Prestiti,[7] organo incaricato dell'erogazione di prestiti ai Comuni del territorio nazionale, finalizzati ad iniziative sociali a supporto dello sviluppo della nazione.

La legge attribuì allo Stato la gestione e l'utilizzo dei depositi postali, imputando alla Direzione generale delle Poste la responsabilità della gestione della raccolta e della restituzione dei depositi stessi. I servizi a denaro comprendevano quelli destinati a clienti occasionali e quelli, invece, destinati a coloro che, con le Regie Poste, avevano stipulato un contratto. Il primo servizio con contratto furono i Libretti di Risparmio Postale, introdotti nel 1876: documenti che venivano conservati da coloro che ne erano i titolari, ma che venivano gestiti dal personale preposto alle scritture contabili, al computo degli interessi, al deposito ed al prelievo delle somme di denaro. Nel 1918 vi fu l'introduzione del Conto corrente postale, servizio con contratto che consisteva in un deposito di denaro che generava interessi da cui, chi ne era titolare, poteva prelevare somme, mediante l'impiego di assegni postali o assegni di giroconto.

Coloro che usufruivano di tale servizio erano definiti correntisti. Entrato in vigore nel 1919, al termine della Grande Guerra, fu il pagamento di pensioni o vitalizi dello Stato: data l'urgenza, enorme era infatti il numero di caduti e di invalidi a seguito del conflitto, di garantire mensilmente e in tempi rapidi a milioni di famiglie somme di denaro indispensabili per il loro sostentamento e sopravvivenza, tale compito venne assegnato all'Amministrazione delle Poste, unica ad avere la capacità, a livello operativo, di portarlo a termine. Negli anni a seguire, l'erogazione delle pensioni, di altre misure previdenziali e di assistenza di emanazione statale e delle pensioni integrative, divennero appannaggio del servizio a denaro delle Poste. Le operazioni "una tantum" non prevedevano invece la stipula di un contratto; tra questi, i buoni fruttiferi postali, introdotti nel 1924, e i vaglia, primo servizio nel Paese per la movimentazione di denaro. Da ultimo, il servizio riscossioni, che consisteva nell'affidare alla Posta, dietro pagamento, da parte del mittente, l'incasso di una somma definita da un titolo di credito o di una promessa di pagamento, rilasciato da un debitore.[8] Una volta riscosso, il denaro veniva recapitato, a mezzo vaglia postale, all'indirizzo del mittente o, in alternativa, accreditato sul suo conto corrente postale. La legge n. 2779, statuendo che gli uffici postali agissero operativamente quali succursali di una Cassa di Risparmio Centrale, garantita dallo Stato e inserita nella CDP, determinò una rivoluzione sia quali che quantitativa dell'attività di quest'ultima, determinando sia una crescita dei mezzi a sua disposizione che del risparmio postale. La CDP aveva infatti il vantaggio di offrire la garanzia statale sui depositi. Il risparmio postale divenne attrattivo anche per i risparmiatori più prudenti, favorendo così l'emersione e l'immissione nel circuito finanziario dei risparmi fino ad allora rimasti letteralmente nascosti nelle case per la scarsa fiducia riposta nelle istituzioni bancarie. Grazie alla garanzia offerta dallo Stato fu possibile raccogliere e destinare risorse importanti per gli investimenti in infrastrutture a tassi inferiori a quelli di mercato, in particolare con la concessione di mutui ai Comuni sparsi sul territorio nazionale per la costruzione di strade, edilizia scolastica, impianti fognari ed altre opere igieniche, oltre a consentire la ristrutturazione del debito degli enti locali nei confronti degli istituti di credito.[9] Il sistema organizzativo delle CR ebbe come fine ultimo quello di consentire al pubblico di poter fruire di tale servizio sull'intero territorio italiano, garantendo la trasparenza dei movimenti di deposito e prelievo, costi e tempi contenuti, sia a favore degli utenti che dell'amministrazione centrale delle Regie Poste. Il modello cui si fece riferimento fu quello di Cariplo,[10] cassa di risparmio che vantava un'ampia ed estesa rete di sportelli sul territorio; le operazioni contabili vennero organizzate tra il centro ed i singoli uffici postali. Se da un lato si assistette al successo del risparmio postale e della propensione alla parsimonia, minore fu quello dell'accumulazione di capitale.

Il ruolo delle Poste in Italia

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Ad appena un anno dalla nascita del Regno d'Italia, l'avvio di un servizio postale comune fu la conferma che era nata una nuova nazione: le Regie Poste, originate dall'incorporazione delle amministrazioni postali degli stati preunitari, svolsero infatti un ruolo fondamentale nel contribuire all'unità del Paese, insieme al servizio scolastico e a quello ferroviario. Oltre che allo sviluppo economico e sociale, hanno favorito la comunicazione tra la popolazione, che spesso parlava solo il dialetto locale, contribuendo allo sviluppo culturale e favorendo la conoscenza e l'uso di una lingua comune. Hanno svolto un ruolo primario nell'educazione finanziaria del Paese, introducendo il concetto di risparmio anche nelle fasce più deboli della popolazione, con l'introduzione dei libretti di risparmio postale e dei buoni postali fruttiferi, ed hanno favorito e dato impulso a pagamenti e transazioni commerciali.

Dott.ssa Luisa Claudia Tessore

Fonti bibliografiche e note

[1] Cassese, S. (2003) Trattato di diritto amministrativo Giuffré Editore, Milano

[2] https://risorse.issp.po.it/fonti/relazioni/Relazione-1863.pdf

[3] Paoloni G. a cura di (2005) Le Poste in Italia. Vol. 1: Alle origini del servizio pubblico. 1861-1889 Collana: Grandi opere. Storia dell'impresa Edizioni Laterza

[4] Pavan, M. (1999) Le Casse di risparmio postali in Italia dalle origini alla Prima guerra mondiale Storia Economica Anno II-Fascicolo I Edizioni Scientifiche Italiane pg.85-111

[5] https://www.issp.po.it/pubblicazioni-periodiche/

[6] Conte, L. (2009) Il risparmio postale, 1870-1889. Parsimonia e finanza pubblica nell'Italia Liberale. Le Poste in Italia G. Petrillo (a cura di) Volume 2 pg. 127-141 Ed. Laterza

[7] La CDP, inizialmente Cassa Piemontese, venne istituita dal Parlamento del Regno di Sardegna il 18 novembre 1850 con la finalità specifica di mobilitare i capitali raccolti dallo Stato, attraverso i canali di raccolta del risparmio privato, destinandoli a servizi ed opere di pubblica utilità. Nel 1863, due anni dopo l'unità d'Italia, prese avvio l'incorporazione in essa di analoghe Casse presenti negli altri stati preunitari e la sua attività si sviluppò progressivamente con l'istituzione di nuovi strumenti di raccolta del risparmio; i proventi generati furono impiegati per finalità istituzionali della CDP. Oggi è un'istituzione finanziaria, giuridicamente una S.p.a., sotto il controllo, circa l'83%, del MEF e, circa il 16%, di fondazioni bancarie. Dall'Unità ad oggi, il contributo di CDP è stato fondamentale per la trasformazione del Paese, allora caratterizzato da un'economia prettamente agricola ad oggi, con un sistema economico moderno fondato su industria e servizi.

[8] Storia Postale - I Servizi a Denaro - Il Postalista Rivista online di cultura filatelica e storico postale

[9] Mulazzani, M., Pozzoli, M. (2005) Storia ed evoluzione della Cassa Depositi e Prestiti Pisa, 27-28 gennaio International workshop "Accounting history in Italy"

[10] Fondata nel 1823, la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde ebbe il merito di dare impulso al risparmio delle famiglie nell'area lombarda, una delle aree più ricche dell'allora impero austriaco.

Scarica pdf Gazzetta Ufficiale n. 292/1875
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