L'Avvocato XXXX esponeva al giudice del lavoro che la cassa nazionale previdenza non aveva correttamente calcolato il dovuto a titolo pensionistico sulla base di un errore di interpretazione della legge...Esponeva il XXX di essersi cancellato dalla Cassa nel periodo 81 - 85, ma che la Cassa aveva calcolato come "anni zero" i predetti anni al fine di determinare la media dei più elevati dieci redditi professionali risultanti dalle dichiarazioni relative ai 15 anni solari anteriori alla maturazione del diritto a pensione. Per il ricorrente non andavano conteggiati neppure come anni zero i periodi in cui non era stato iscritto alla Cassa...il Tribunale, con la sentenza
appellata, ha rigettato la domanda. Sul ricorso promosso da XXX la Corte d'Appello di Roma, con sentenza non definitiva n. 3611/06 depositata il 16 gennaio 2007 ha rigettato l'appello sulla scorta del tenore testuale dell'art. 2 della L. n. 141/92 che dispone: "la pensione di vecchiaia è corrisposta a coloro che abbiano compiuto almeno sessantacinque anni di età dopo almeno trenta anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa e sempre che l'iscritto non abbia richiesto il rimborso di cui al primo comma dell'art. 21. La pensione è pari, per ogni anno di effettiva iscrizione e contribuzione, all'1,75% della media dei più elevati dieci redditi professionali dichiarati dall'iscritto ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) risultanti dalle dichiarazioni relative ai quindici anni solari anteriori alla maturazione del diritto a pensione". Secondo la Corte d'Appello di Roma, l'univoca formulazione letterale della norma che parla di anni solari anteriori alla maturazione del diritto a pensione facendo un chiaro riferimento al dato temporale immediatamente precedente il collocamento a pensione impone che, a prescindere dall'iscrizione alla Cassa e dal concreto esercizio professionale, siano presi in considerazione, ai fini della media, esclusivamente i redditi risultanti dalle dichiarazioni IRPEF dell'arco temporale costituito dai 15 anni immediatamente precedenti alla maturazione del diritto. Tale interpretazione, che conduce ad inserire nella base pensionabile redditi pari a 0 anche relativi a periodi di sospensione dell'esercizio professionale e dell'iscrizione alla Cassa, deve essere sottoposta ad accurata valutazione critica alla luce delle gravi conseguenze sulle posizioni previdenziali dei professionisti ed in base all'impianto complessivo dell'ordinamento forense e dei principi generali della previdenza sociale. Sotto il profilo della stretta ed isolata interpretazione dell'art. 2 della L. n. 576/1980, come sostituito dall'art. 1 della L. n. 121/1992, è da premettersi che l'art. 2 fa riferimento alla media dei più elevati dieci redditi professionali dichiarati dall'iscritto ai fini IRPEF risultanti dalle dichiarazioni relative ai quindici anni solari anteriori alla maturazione del diritto a pensione. La Corte d'Appello ha basato la propria decisone esclusivamente sulla scorta del tenore letterale della parte finale della norma, senza trarre alcun argomento contrario dal fatto che la disposizione principale fa riferimento, per la determinazione della base pensionabile, alla media dei più elevati dieci redditi professionali dichiarati dall'iscritto evidenziando il concorso di due necessari presupposti ai fini dell'individuazione dei redditi da inserire in base pensionabile e, cioè, che si tratti di redditi prodotti in un periodo di effettivo svolgimento della professione forense e che si tratti di redditi prodotti in costanza di iscrizione alla Cassa. (Si ringrazia l'Avvocato Giampaolo Cervelli)
Articolo dell'Avvocato Giampaolo Cervelli

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