Il contratto d'opera (artt. 2222 - 2228 c.c.) lega il lavoratore autonomo al committente, a cui non è subordinato e per il quale realizza un'opera o presta un servizio, ricevendo un corrispettivo

Cos'è il contratto d'opera

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Il contratto d'opera, definito dall'art. 2222 c.c., è quello con cui un soggetto si obbliga nei confronti di un altro, a realizzare un'opera o a prestare un servizio, in cambio di un corrispettivo in denaro. Il rapporto tra committente e prestatore d'opera è caratterizzato dall'assenza di un vincolo di subordinazione, in quanto la prestazione d'opera è inquadrabile come contratto di lavoro autonomo.

In parole semplici il contratto d'opera è tipico della piccola impresa o dell'artigiano singolo. Pensiamo a un falegname che su commissione realizza un mobile o a un orafo che crea un gioiello su commissione.

A caratterizzare infatti questo contratto è il valore della personalità della prestazione, che è strettamente legata quindi a chi la esegue.

Inquadramento giuridico

Per rendere ancora più chiaro il concetto del contratto d'opera si evidenzia che lo stesso è inserito all'interno Libro V "Del Lavoro" nel titolo III, dedicato nello specifico al lavoro autonomo, che comprende nel capo I il contratto d'opera e nel capo II le professioni intellettuali, che analizzeremo sinteticamente più avanti.

Come anticipato infine la disciplina del contratto è contenuta negli articoli 2222 - 2228 del Codice civile.

Contratto d'opera e differenze con appalto e vendita

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Gli articoli 2222 e 2223 del codice civile

mettono subito in evidenza le differenze esistenti tra il contratto d'opera e l'appalto da una parte, il contratto d'opera e la vendita dall'altra.

La prima norma infatti mette in evidenza che, quando la prestazione non si realizza con il lavoro prevalentemente proprio del prestatore, trova applicazione la disciplina del contratto di appalto, che è caratterizzato da un'organizzazione di mezzi più importante. Pensiamo all'impresa edile di medie grandi dimensioni che realizza villette a schiera, avvalendosi di dipendenti e macchinari.

Il contratto d'opera però, come emerge dalla seconda norma, si distingue anche dal contratto di vendita. Nel contratto d'opera infatti la materia viene fornita dallo stesso prestatore perché è la prestazione a rilevare ai fini dell'opera, se invece le parti hanno avuto prevalentemente in considerazione la materia, allora si devono applicare le norme sulla vendita.

Obblighi del prestatore d'opera

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Il primo obbligo del prestatore d'opera, in base a quanto disposto dall'art. 2224 c.c. è infatti l'esecuzione dell'opera, in base alle condizioni stabilite dal committente e a regola d'arte.

Qualora infatti il lavoratore non rispetti questo impegno il committente può anche fissare un termine congruo entro il quale il prestatore è tenuto ad adeguarsi.

Se poi il termine stabilito decorre e il prestatore d'opera non provvede ad adempiere, a quel punto il committente è libero di recedere dal contratto, fatta salva la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni patiti.

Obblighi del committente

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Il committente, da parte sua, deve ovviamente corrispondere al prestatore d'opera il corrispettivo concordato per l'opera o il servizio reso. Può accadere tuttavia che le parti non siano accodate preventivamente sulla somma. In questo caso è sempre possibile ricorrere ai criteri suppletivi delle tariffe e degli usi.

In effetti, anche in base a quanto emerge da dottrina e giurisprudenza, il corrispettivo da corrispondere dal prestatore d'opera può essere:

  • convenuto di comune accordo con il committente;
  • pattuito in base ad un importo forfettario condizionato al risultato;
  • determinato ricorrenza agli sui o alle tariffe professionali come criterio suppletivo.

Nel caso in cui poi il corrispettivo non è determinabile applicando i criteri suddetti allora spetterà sarà il giudice a stabilirlo e nel determinarlo terrà conto del risultato ottenuto e del lavoro che in genere è richiesto e necessario con conseguirlo.

Vizi e difformità dell'opera

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A dettare la disciplina nel caso in cui l'opera realizzata dal prestatore risulti difforme a quella commissionata o presenti dei vizi è l'art. 2226 c.c.

La prima regola al riguardo stabilisce in pratica che il prestatore d'opera è liberato dalla responsabilità per difformità dell'opera o presenza di vizi se il committente accetta l'opera se li conosce o se sono facilmente conoscibili, a meno che il prestatore non li abbia occultati con dolo.

La seconda regola invece, che si applica quando il committente non accetta l'opera viziata o difforme rispetto a quanto convenuto con il prestatore d'opera, prevede l'obbligo da parte di chi ha commissionato l'opera o il servizio, di denunciare la difformità o i vizi che al momento della consegna erano occulti nel termine di otto giorni da quando li scopre. Per quanto riguarda invece l'azione da esperire in giudizio il termine è di un anno.

La terza regola prevede infine che, in presenza di opera difforme o vizi si applichi la disposizione del contratto di appalto che disciplina il "contenuto della garanzia per i difetti dell'opera contenuta nell'art. 1668 c.c."

Detta regola prevede che, se l'opera realizzata presenta dei vizi o risulta difforme rispetto a quanto convenuto tra prestatore e committente, quest'ultimo possa chiedere una riduzione del prezzo o che il prestatore li elimini a sue spese, senza pregiudizio del diritto al risarcimento in favore di chi ha commissionato l'opera o il servizio, in caso di colpa del prestatore.

E' previsto tuttavia e da ultimo che se l'opera, a causa dei vizi e delle difformità, risulti del tutto inadatta alla finalità cui è destinata, allora il committente possa chiedere la risoluzione del contratto.

Recesso dal contratto d'opera

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La norma sul recesso unilaterale dal contratto a favore del committente di cui all'art. 2227 c.c. bilancia questo diritto con la tutela del prestatore d'opera.

Al committente infatti è riconosciuto il diritto di recedere dall'accordo anche dopo che il prestatore ha iniziato a lavorare all'opera. In questo caso però il prestatore ha diritto ad essere tenuto indenne dal committente per quanto riguarda le spese sostenute, ad esempio, per l'acquisto dei materiali, per il lavoro che è stato svolto fino a quel momento e anche per il mancato guadagno, che come ha avuto modo di precisare la Cassazione, è rappresentato "dall'utile netto che egli avrebbe tratto dai lavori previsti e non eseguiti."

Prestazione impossibile

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La norma di chiusura della disciplina sul contratto d'opera è quella che prevede la tutela del prestatore nel caso in cui, non per sua colpa, ma per una causa sopravvenuta a lui non imputabile, la prestazione non sia realizzabile.

In questo caso il prestatore non subisce completamente gli effetti di tale evento, ma ha diritto a ricevere un compenso per il lavoro eseguito fino a quel momento, che per legge va commisurato all'utilità della parte di opera che è stata realizzata.

Contratto d'opera occasionale

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Dal contratto analizzato fino a questo momento, deve essere distinto il contratto di prestazioni occasionali, che è una sorta di sottospecie di lavoro autonomo, per l'assenza di un vincolo di subordinazione, ma che è regolato non da codice civile, ma dall'art. 54 del decreto legge n. 50/2017.

A caratterizzare questa forma contrattuale sono i limiti a cui è sottoposto, nel senso che:

  • il prestatore, in un anno, compreso tra il 1 gennaio e il 31 dicembre, non può, in riferimento a tutti coloro che utilizzano le sue prestazioni, conseguire compensi superiori a 5000 euro;
  • a sua volta ogni utilizzatore non può, in relazione a più prestatori occasionali, corrispondere più di 5000 euro;
  • se poi un prestatore svolge, per lo stesso utilizzatore, più prestazioni, queste non possono superare annualmente l'importo di 2500 euro.

Sono poi previste regole particolari per determinati soggetti come i pensionati e i giovani che non hanno ancora compiuto i 25 anni.

I redditi percepiti dai prestatori occasionali non sono soggetti a imposizione fiscale e non concorrono a determinare il reddito necessario per ottenere il rilascio o il rinnovo permesso di soggiorno.

Tale forma di collaborazione infine è preclusa all'utilizzatore in relazione a quei soggetti con i quali sia in corso o si è concluso, da meno di sei mesi, un contratto subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa.

Contratto d'opera intellettuale

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Ancora diverso dal contratto d'opera è il contratto d'opera professionale, la cui disciplina è contenuta anch'essa nel libro V del codice civile, titolo III del lavoro autonomo e capo II delle professioni intellettuali, di cui agli artt. 2229-2238.

La prestazione intellettuale, dal punto di vista disciplinare comunque non è regolata solo dal capo II, ma anche dalle norme che vengono applicate al contratto d'opera, ovviamente se non risultano incompatibili con il tipo specifico di prestazione e fatte salve ovviamente le norme contenute nelle leggi speciali.

Ciò che caratterizza la disciplina del contratto di opera intellettuale rispetto al contratto d'opera, è senza dubbio il regime di maggiore favore contemplato dall'art. 2236 c.c. per chi esegue questo tipo di prestazione. La norma infatti prevede che nel momento in cui il prestatore d'opera intellettuale debba eseguire una prestazione che comporta la soluzione di problematiche di particolare difficoltà, lo stesso non è tenuto al risarcimento dei danni, salvi i casi di dolo o colpa grave.

Come visto per il contratto d'opera, anche la prestazione intellettuale prevede che l'incarico sia eseguito personalmente dal professionista. Allo stesso però è consentito di avvalersi di sostituti o di ausiliari se la collaborazione da parte di altri soggetti è consentita dagli usi o dal contratto e a condizione che non sia incompatibile con l'oggetto specifico della prestazione.

In ogni caso, anche il professionista viene assistito da terzi, nei confronti del cliente è lui l'unico responsabile della prestazione.


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