La Cassazione è tornata sulla vexata quaestio dell'esposizione del crocifisso a scuola. Per le Sezioni Unite spetta alla scuola trovare un compromesso

Crocifisso a scuola

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Esporre il crocifisso in aula non è atto discriminatorio contro il docente dissenziente, tuttavia, spetta alla scuola trovare un "accomodamento" su eventuali posizioni difformi. E' quanto si ricava dalla sentenza n. 24414/2021 con cui le Sezioni Unite della Cassazione sono tornate sul tema dell'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche (leggi anche Crocifisso in aula: sceglie la scuola).

La vicenda

La controversia ha origine nel 2009: un insegnante rimuoveva sistematicamente il crocifisso prima di iniziare la lezione, sostenendo che violasse il principio di laicità dello Stato, nonché la libertà di coscienza e d'insegnamento in materia religiosa, sebbene l'assemblea scolastica degli studenti si fosse espressa a maggioranza in senso favorevole alla presenza in aula del crocifisso: la controversia culminava nella sospensione dell'insegnante.

Nel 2014, la questione era portata all'attenzione della Corte d'Appello che respingeva il ricorso dell'insegnante evidenziando che l'esposizione del crocifisso non è lesiva di diritti inviolabili della persona né è, di per sé sola, fonte di discriminazione tra individui di fede cristiana e soggetti appartenenti ad altre confessioni religiose [1].

Bilanciamento tra gli interessi in gioco: la rimessione alle Sezioni Unite

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La controversia approdava in Cassazione ove, i giudici della sezione lavoro rimettevano la risoluzione del quesito alle Sezioni Unite ritenendo che le tematiche sollevate dall'insegnante nel suo ricorso fossero di particolare importanza, in ragione dei diritti che vengono in rilievo, e richiedessero un attento bilanciamento tra gli interessi in gioco: la libertà di insegnamento intesa come autonomia didattica e libera espressione culturale del docente e il rispetto della coscienza civile e morale degli alunni che, a maggioranza, avevano espresso la volontà che il crocifisso restasse esposto.

Secondo i giudici, quando si tratta dell'esposizione di simboli religiosi, non si può semplicemente valorizzare la volontà espressa dalla maggioranza degli alunni, dei genitori e del personale docente: il principio maggioritario si pone in contrasto con altri fondamentali principi, affermati dalla Corte Costituzionale, secondo cui in materia di religione nessun rilievo può essere attribuito al criterio quantitativo, perché si impone la pari protezione della coscienza di ciascuna persona che si riconosce in una fede, quale che sia la confessione religiosa di appartenenza [2], con la conseguenza che il conflitto fra la volontà espressa dagli alunni e quella del docente che nel simbolo non si riconosce, andrebbe risolto valorizzando il principio della laicità dello Stato.

Nell'ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite, i giudici della Corte di Cassazione hanno fatto presente che il crocifisso non ha solo un valore religioso ma anche culturale e educativo.

Al di là del significato religioso che assume per i credenti, il crocifisso, secondo i giudici del Consiglio di Stato, rappresenta il simbolo della civiltà e della cultura cristiana nella sua radice storica, come valore universale, indipendente da specifica confessione religiosa.

La decisione delle Sezioni Unite della Cassazione

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La Cassazione civile a sezioni unite, con la sentenza numero 24414 del 2021 ha stabilito che, in base alla Costituzione repubblicana, ispirata al principio di laicità dello Stato e alla salvaguardia della libertà religiosa positiva e negativa, non è consentita, nelle aule delle scuole pubbliche, l'affissione obbligatoria, per determinazione dei pubblici poteri, del simbolo religioso del crocifisso.

Ha, inoltre, precisato che l'articolo 118 R.D. numero 965 del 30 aprile 1924, che comprende il crocifisso tra gli arredi scolastici, deve essere interpretato in conformità alla Costituzione e alla legislazione che dei principi costituzionali costituisce svolgimento e attuazione, nel senso che la comunità scolastica può decidere di esporre il crocifisso in aula con valutazione che sia frutto del rispetto delle convinzioni di tutti i componenti della medesima comunità, ricercando un ragionevole accomodamento tra eventuali posizioni difformi.

Note bibliografiche

[1] Rifacendosi ai principi espressi dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo con la sentenza 18 marzo 2011, i giudici d'appello affermavano che il simbolo è essenzialmente passivo e la sua esposizione nel luogo di lavoro, così come è stata ritenuta non idonea ad influenzare la psiche degli allievi, a maggior ragione non è sufficiente a condizionare e comprimere la libertà di soggetti adulti e ad ostacolare l'esercizio della funzione docente (è stato inoltre fatto presente che il dirigente scolastico aveva imposto agli insegnanti solo di tollerare l'affissione del crocifisso nell'aula, non di prestare ossequio ai valori della religione cristiana e di partecipare a cerimonie con funzioni di carattere religioso)

[2] Corte Cost., sent. n. 440/1995; Corte Cost., sent. n. 329/1997


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