Per la Cassazione, nel determinare la quota della pensione di reversibilità in favore di prima e seconda moglie la convivenza more uxorio rileva come criterio autonomo

Pensione di reversibilità e quote tra ex e coniuge superstite

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Sulla quota della pensione di reversibilità da stabilire in favore della prima moglie e di quella superstite rileva la durata del matrimonio, ma anche il periodo di convivenza prematrimoniale more uxorio, che però non ha valore di criterio correttivo, ma ha un proprio valore giuridico di cui il giudice, nell'ambito della sua discrezionalità, deve tenere conto. Questo in sintesi l'importante precisazione contenuta nell'ordinanza n. 41960/2021 Cassazione (sotto allegata).

La vicenda processuale

Il Tribunale riconosce la reversibilità nella quota del 40% in favore dell'ex coniuge del de cuius. La Corte d'Appello però ridetermina le percentuali di spettanza nella misura del 25% in favore dell'ex coniuge e del 75% a beneficio di quello superstite, tenuto conto della durata del matrimonio, dei redditi delle parti e della misura dell'assegno divorzile a carico del de cuius in favore della ex moglie, come modificato dopo che lo stesso era stato collocato in quiescenza.

Trascurata la durata del matrimonio con la ex

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La ricorrente lamenta in sede di Cassazione la violazione dell'art. 9 della legge sul divorzio, perché la Corte di Appello non ha tenuto conto della durata del suo matrimonio e del fatto che l'altro è durato, al contrario, solo 14 anni. I giudici di secondo grado hanno inoltre trascurato il fatto che ella è impossidente, mentre il coniuge superstite è proprietaria di diversi immobili, tra cui la villa lussuosa del de cuius e un altro appartamento. Si è inoltre tenuto conto, nel determinare le quote della pensione, della percentuale dell'assegno divorzile corrisposto rispetto all'importo della pensione.

La convivenza more uxorio è criterio autonomo non un mero correttivo

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La Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, precisa prima di tutto che lo stesso mira a ottenere una diversa valutazione de fatti storici, dopodiché precisa che la Corte di Appello, nel decidere, ha tenuto conto della finalità solidaristica dell'istituto, della durata dei rispettivi matrimoni, della durata della convivenza prematrimoniale, delle condizioni economiche delle parti e della misura dell'assegno divorzile. Tutti aspetti che devono essere ben ponderati e valutati dal giudice, al fine di determinarne la rispettiva rilevanza nel caso concreto.

La convivenza prematrimoniale, precisa poi la Cassazione, tra i vari criteri da applicare, non ha una valenza correttiva, ma assume un distinto e autonomo rilievo giuridico.

Nel caso di specie, da quanto emerso in giudizio, il rapporto coniugale e di convivenza con la prima moglie ha avuto una durata complessiva di nove anni e mezzo, mentre con la seconda moglie il rapporto, tra convivenza more uxorio e matrimonio ha avuto una durata complessiva di 24 anni.

Per quanto riguarda poi il criterio dell'entità dell'assegno divorzile, la Corte di Appello ha rilevato che l'importo iniziale di Lire 1.250.000 è stato poi ridotto a 648,00 euro dopo che il marito, per motivi di salute, è stato collocato in pensione. Lo stesso, da uno stipendio netto mensile di € 5.539,00 è passato in detta circostanza a disporre di un'entrata mensile di € 2.608,00.

Entrambe le mogli poi non hanno redditi propri e i diritti immobiliari intestati a entrambe, non hanno una consistenza apprezzabile, né la società di cui è socia la seconda moglie ha utili. Corrette quindi le valutazioni e la decisione finale della Corte di Appello.

Scarica pdf Cassazione n. 41960/2021

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