Per la Cassazione, l'addebito della separazione per infedeltà coniugale non fa scattare in automatico, in favore dell'altro coniuge, il diritto al mantenimento

Il mantenimento per la moglie non scatta con l'addebito per infedeltà

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Ai fini del riconoscimento dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge a cui non è addebitata la separazione è necessario che questo non abbia redditi propri adeguati a mantenersi e che tra i due soggetti esista una disparità economica. Requisiti che non sussistono quando entrambi i coniugi lavorano, ma quello che ha lo stipendio più elevato è gravato da oneri maggiori per gli studi universitari dei figli, la locazione dell'appartamento in cui vive e l'impegno economico legato a un prestito contratto per sistemare un alloggio. In sostanza, afferma la Cassazione, il fatto che a un coniuge venga addebitata la separazione per infedeltà, non significa che l'altro abbia diritto in automatico al mantenimento. Vediamo il perché di questa decisione contenuta nell'ordinanza della Cassazione n. 22704/2021 (sotto allegata).

La vicenda processuale

La Corte di Appello riformando parzialmente la sentenza del Tribunale relativa alla separazione di due coniugi, dichiara l'addebito della separazione a carico del marito e il mancato riconoscimento del mantenimento in favore della moglie. Immodificati il regime di assegnazione della casa coniugale e quello relativo al mantenimento dei figli.

Addebito della separazione e assegno di mantenimento alla moglie

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Ricorre in Cassazione la moglie sollevando i seguenti motivi di ricorso.

  • Con il primo lamenta la mancata considerazione da parte del giudice della disparità economica delle parti, visto che non è stato disposto in suo favore un assegno di mantenimento.
  • Con il secondo contesta il fatto che la Corte di Appello, pur riconoscendo l'addebito della separazione al marito a causa della sua condotta infedele, non abbia posto a carico dell'uomo un assegno di mantenimento in suo favore.

Il mantenimento richiede redditi inadeguati e disparità economica

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La Cassazione rigetta il ricorso, ritenendo i due motivi di ricorso sollevati dalla moglie perché entrambi attengono a questioni di merito sulle quali i giudici competenti si sono già espressi.

Per la Cassazione la Corte di Appello ha motivato la decisione sulla non spettanza dell'assegno di mantenimento in favore della moglie in quanto entrambi i coniugi svolgono professioni di prestigio: uno è magistrato e l'altro è funzionario giudiziario.

Comparando le due situazioni reddituali la Corte è giunta alla conclusione che entrambi sono autosufficienti e che le rispettive condizioni economiche consentono loro di conservare lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio.

La donna, funzionario giudiziario, percepisce uno stipendio mensile di 1850,00 euro con trattenuta di 204 euro per un prestito INPDAP. Alla donna però è stata assegnata la casa coniugale ed è il padre a provvedere alle spese universitarie dei due figli maggiorenni corrispondendo euro 600 mensili ciascuno e provvedendo alla metà delle spese straordinarie per gli stessi.

Vero che il marito gode di uno stipendio mensile di 8500 euro, ma lo stesso, oltre alle spese sopraddette, deve pagare un canone di locazione, il mutuo della casa coniugale e le rate di un prestito contratto per sistemare il suo alloggio.

La Cassazione, alla luce di questi dati, precisa che l'addebito della separazione al marito per infedeltà non determina automaticamente il riconoscimento dell'assegno di mantenimento in favore della moglie. Per questa misura sono necessari determinati presupposti, primi tra tutti la mancanza da parte del soggetto richiedente di redditi adeguati propri e una disparità economica tra i due soggetti.

Infondata quindi l'istanza della moglie finalizzata al riconoscimento dell'assegno di mantenimento.

Scarica pdf Cassazione n. 22704/2021

Foto: 123rf.com
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