Sulla scia di un parere puramente ideologico, in Commissione Giustizia al Senato depositati emendamenti tra l'irrituale e l'incostituzionale

Il Governo, le sue proposte e il parere della Commissione Affari Costituzionali

Le posizioni assunte dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato - e il conseguente deposito di corrispondenti emendamenti nella Commissione Giustizia - hanno destato viva preoccupazione in quanti hanno a cuore l'interesse reale dei figli di genitori separati.

Tutta la vicenda ha un fortissimo sapore ideologico e procede cercando in ogni modo - ai limiti dell'illecito ed oltre - di piegare ai propri fini le normali garanzie.

Anzitutto salta agli occhi l'anomalia di un ddl di iniziativa governativa (n. 1662) che viene sostituto pressoché integralmente da un maxiemendamento

, pure governativo, che, invece che limitarsi al miglioramento del tema centrale già scelto (Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie), introduce anche, ex novo, temi del tutto estranei, come quelli relativi alla famiglia. Arrivato il testo, ddl più emendamenti, in Commissione Affari Costituzionali, questa si dedica pressoché esclusivamente proprio a quest'ultimo aspetto (che non doveva esserci, o quasi), e lo fa su questioni di diritto sostanziale, anziché processuale, con l'approccio di una vera riforma a procedura parlamentare. Non solo: anziché commentare ciò che il Governo prescrive (parere in sede consultiva, v. allegato in pdf), disserta su ciò che (a suo parere) manca, nel recente dominante spirito del "diritto creativo". Ora, a prescindere dallo specifico oggetto (su questo", il tema dei maltrattamenti, v. oltre) la Costituzione
(art. 76) specifica bene gli ambiti e le modalità operative all'interno di un intervento in delega e a ciò ci si dovrebbe attenere in uno stato di diritto (anche se il recente D.lgs 154/2013 ha fornito un plateale e sciagurato esempio di violazione delle regole, proprio in materia di affidamento condiviso, passato nella generale indifferenza, se non del plauso…). Ovvero non si dovrebbe uscire dall'oggetto proposto. Invece la Commissione lo fa e, peggio ancora, lo fa sostenendo una improponibile gerarchia di valore tra diritti entrambi tutelati: il diritto alla bigenitorialità e gli "interessi" dei figli minorenni (così, al plurale, in realtà si recita a livello internazionale).

Alcuni (preoccupanti) subemendamenti in commissione al Senato

Si arriva così in Commissione Giustizia del Senato dove si entra nel merito e dove, se possibile, le cose vanno ancora peggio.

Indubbiamente la violenza intrafamiliare - in ogni sua manifestazione, fisica, psicologica o economica - è fenomeno di estrema gravità, soprattutto se assistita. Così come lo sono le pressioni sui figli e la denigrazione dell'altro genitore: manovre volte a indurre i figli a schierarsi, fino a rifiutarsi di incontrarlo. Questi comportamenti, agiti e subiti, riguardano la scienza medica? A parere di chi scrive assolutamente no. Rileva in sede giuridica che il fenomeno non sia considerato una sindrome? Altrettanto fermamente no. La circonvenzione di incapace è una sindrome compresa in qualche DSM? Certamente no. Eppure è un reato previsto e sanzionato dall'art. 643 c.p. E va contrastata con ogni mezzo. In contraddizione con la richiesta di più gravi sanzioni contro le violenze in famiglia? NO: perché è una gravissima forma di violenza in famiglia, di tipo psicologico. E siamo sicuri che ogni volta che c'è il rifiuto di un genitore ci sia stato in precedenza un abuso, una violenza assistita? E siamo altrettanto sicuri che nessun genitore abbia mai cercato di manipolare i figli, mettendoli contro l'altro genitore, magari con successo?

Quindi, vista la indifendibilità di queste posizioni, sostenere che l'interesse del minore (soggettivamente valutato) deve scavalcare i suoi diritti scritti e indisponibili - a partire da quello alla bigenitorialità - rivela abbastanza scopertamente null'altro che l'intenzione di allargare ulteriormente l'applicazione dell'affidamento esclusivo - ovvero sostanzialmente esclusivo come il condiviso a genitore prevalente, già di dominante utilizzazione. D'altra parte, tradisce il vero scopo la fonte stessa dei subemendamenti, provenienti da soggetti che, direttamente o indirettamente, si sono distinti nella guerra all'affidamento condiviso - l'attuale vero bersaglio - definito come "legge da abrogare". Nella sostanza, se non è possibile formalmente.

Dunque con ogni mezzo, a quanto pare. Fino al punto di capovolgere l'onere della prova, procedendo contro chi sia stato "segnalato" come autore di "violenza", definita, oltre tutto, in termini quanto mai generici, ovvero come violenza "riferita". Insomma, diventeremo un popolo di sicofanti, con tutta probabilità, vista l'animosità che spesso presiede alle separazioni. E per fortuna la nostra Ministra voleva incoraggiare le vie di soluzione delle controversie alternative a quella giudiziale… .

Comunque, rammentando quanto sancito da ogni Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo e trasferito a chiare lettere nel primo comma dell'art. 337 ter c.c., sarebbe quanto mai opportuno che il Presidente e tutti i membri della Commissione Giustizia del Senato ripensassero l'intera questione bocciassero quegli emendamenti e, anzi - comunque prendendo le distanze dalle infelici formulazioni del ddl 735 - tuttavia includessero le interessate manipolazioni dei figli (ovviamente una volta provate!) tra le più gravi forme di violenza in famiglia, da sanzionare pesantemente, esattamente come richiesto per le altre.

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