La Cassazione afferma che il riconoscimento del diritto al mantenimento per i figli maggiorenni e portatori di handicap richiede che l'handicap sia grave

Figlio maggiorenne portatore di handicap e assegno di mantenimento

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Per la Cassazione, come chiarito nell'ordinanza n. 21819/2021 (sotto allegata) se un figlio maggiorenne è un portatore di handicap questo non gli dà il diritto automatico al mantenimento da parte dei genitori. L'handicap deve essere infatti grave, secondo quanto dispone l'art. 337 septies c.c perché la sua condizione sia equiparabile a quella del figlio minore di età. Per cui se la figlia di 32 anni si è sposata e ha un diploma di segretaria di azienda, che le consente di lavorare, occorre accertare, prima di confermare l'obbligo di mantenimento a carico del padre, la gravità del suo handicap e l'effettiva necessità di un'assistenza permanente, continuativa e globale.

La vicenda processuale

Un uomo ricorre in Tribunale per chiedere la revoca dell'assegno di divorzio dovuto alla moglie e delle somme previste per il mantenimento della figlia, oltre le spese sanitarie poste a suo carico nella misura di 2/3. La figlia nel giugno del 2016 si è sposata, per cui da questo momento sarebbe venuto meno a suo carico l'obbligo di provvedere al suo mantenimento. La moglie e la figlia però si oppongono a queste richieste e quest'ultima in particolare chiede il versamento diretto in suo favore del mantenimento di cui è destinataria.

Il Tribunale, modificando in parte le condizioni del divorzio, dispone che l'assegno di mantenimento per la figlia pari a 875 euro venga corrisposto direttamente quest'ultima.

L'uomo però propone reclamo, ma la Corte di Appello lo rigetta perché l'art 337 septies dispone che: "Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori." Non rileva la celebrazione del matrimonio ai fini della revoca dell'assegno di mantenimento, visto che anche il marito è portatore di handicap.

La figlia ha diritto al mantenimento se sposata e diplomata?

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Il padre decide a questo punto di rivolgersi alla Corte di Cassazione, innanzi alla quale solleva le seguenti doglianze:

  • Con il primo motivo il padre contesta l'intervento della figlia nel giudizio di divorzio, visto che i diritti in gioco, a suo dire, sono "personalissimi". Per il ricorrente il Tribunale ha errato infatti nell'ammettere l'intervento della figlia nel giudizio di modifica delle condizioni di divorzio dei genitori disponendo anche il pagamento diretto alla stessa dell'assegno di mantenimento. Per il padre, l'intervento adesivo dipendente della figlia, rispetto alla posizione della madre, non le dava diritto di agire autonomamente nei suoi confronti. Questione però sulla quale la Corte non si è neppure pronunciata.
  • Con il secondo motivo invece il padre ritiene che la Corte abbia errato nel confermare il mantenimento a favore della figlia perché la stessa ha 32 anni, è sposata e possiede un diploma di segretaria d'azienda, che le consente di svolgere un impiego retribuito. Per l'uomo la pronuncia della Corta viola il "principio di auto responsabilità economica". I figli, raggiunta una certa età e fatte certe scelte, in caso di determinate condizioni, dovrebbero al limite, poter contare solo sull'aiuto alimentare dei genitori.

I figli maggiorenni hanno diritto al mantenimento se affetti da handicap grave

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La Cassazione rigetta il primo motivo, ma accoglie il secondo per le ragioni che si vanno a illustrare.

Il primo motivo per gli Ermellini è infondato perché deve ritenersi corretta "la qualificazione operata dalla Corte di Appello di tale intervento come autonomo, in quanto diretto a far valere un diritto proprio dell'interventore" fondato sull'art. 337 septies c.c che prevede il versamento diretto dell'assegno di mantenimento in favore dei figli maggiorenni.

Fondata invece la seconda doglianza perché, se è vero che il figlio portatore di handicap ha diritto al mantenimento, è necessario accertare che tale handicap sia grave, ovvero che "la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo o globale nella sfera individuale o in quella di relazione" così come previsto dall'art 3, comma 3 della legge 104/1992.

Il mantenimento, ricorda la Corte, è dovuto se il figlio maggiorenne, completato il percorso formativo, si è adoperato nel cercare un impiego e rendersi autonomo economicamente, in base alle opportunità del mercato e ridimensionando, se del caso, le proprie aspettative di carriera, senza attendere l'occasione perfetta per soddisfare le proprie ambizioni.

Nel caso specifico la Cassazione rileva che la Corte non ha compiuto un'indagine approfondita in tal senso e in merito alla gravità dell'handicap, limitandosi a riconoscere alla figlia il mantenimento perché dagli atti è emerso che la stessa è portatrice di handicap.

L'accoglimento di questo motivo determina quindi la cassazione della sentenza e il rinvio alla Corte d'Appello in diversa composizione, la quale nel decidere dovrà attenersi al seguente principio di diritto: "Ai fini del riconoscimento di un assegno di mantenimento ai figli maggiorenni portatori di handicap grave, la cui condizione giuridica è equiparata, sotto tale profilo, a quella dei figli minori dall'art. 337 septies cod. civ, il giudice di merito è tenuto ad accertare se il figlio che richieda la contribuzione sia portatore di un handicap grave. Ossia, se la minorazione, singola o plurima, della quale il medesimo sia portatore, abbia ridotto la sua autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, essendo, in caso contrario, la condizione giuridica del figlio assimilabile, non a quella a quella dei minori, bensì allo status giuridico dei figli maggiorenni."

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Scarica pdf Cassazione n. 21819/2021

Foto: 123rf.com
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