Cassazione: utilizzabile nel procedimento disciplinare per aver offeso il collega la registrazione avvenuta nello studio legale ad opera del cliente, soggetto legittimato a partecipare alla conversazione

Procedimento disciplinare avvocato e utilizzabilità della registrazione

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Utilizzabile nel procedimento disciplinare contro l'avvocato la registrazione fonografica effettuata nello studio legale dal cliente, soggetto legittimato a partecipare alla conversazione. Scatta dunque la sanzione nei confronti del legale che viola il codice deontologico utilizzando espressioni denigratorie nei confronti del collega ed ex collaboratore, tenendo un comportamento non ispirato a lealtà e correttezza.

La registrazione rappresenta una riproduzione meccanica ex art. 2712 c.c. e dunque mezzo di prova ammissibile nel processo civile. In campo penale, inoltre, tale registrazione eseguita all'insaputa dell'interlocutore da una persona presente alla conversazione deve ritenersi prova documentale e non intercettazione. Il suo utilizzo non risulta neppure precluso dal Codice Privacy.


Lo ha rammentato la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza 20384/2021 (sotto allegata), respingendo il ricorso di un professionista e dunque confermandone definitivamente la condanna per una serie di condotte che gli erano costate l'apertura di due distinti procedimenti disciplinari, poi riuniti.


Il legale era stato, tra l'altro, condannato per aver violato l'art. 42, comma 1, del nuovo Codice Deontologico Forense in quanto, nel corso di un colloquio presso il suo studio, aveva utilizzato espressioni denigratorie nei confronti di un collega ed ex collaboratore. Contro l'avvocato vi sono anche accuse legate all'aver tentato di acquisire rapporti di clientela in modo non conforme a correttezza e decoro: al cliente che stava registrando (a sua insaputa) il colloquio, il professionista aveva proposto di farsi restituire l'incartamento delle vertenze patrocinate dal collega oggetto delle sue offese, arrivando ad offrirgli un posto di lavoro presso un conoscente.


Le dichiarazioni finiscono registrate e riversate su un CD del quale l'avvocato contesta l'utilizzabilità probatoria, trattandosi di registrazione ambientale, in luogo aperto ad altri soggetti, ma concernente dati personali oggetto di privacy, eseguita in violazione del diritto di difesa e del domicilio privato quale certamente doveva considerarsi lo studio legale.

Utilizzabilità della registrazione fonografica di un colloquio

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Gli Ermellini, di contrario avviso, rammentano come, in ambito penale, si sia formato un regime di riferimento, a partire dal provvedimento delle Sezioni Unite n. 36747/03, volto a distinguere e sottrarre la registrazione fonografica di conversazioni o comunicazioni tra presenti alla disciplina autorizzativa ed esecutiva propria delle intercettazioni regolate dagli artt. 266 e ss. c.p.p., poi ribadito e specificato innumerevoli volte dalla giurisprudenza successiva.


In particolare, si è affermato che la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, o comunque sia ammesso ad assistervi, non è riconducibile (seppur eseguita clandestinamente) alla nozione di "intercettazione", costituendo forma di memorizzazione fonica di un fatto storico della quale l'autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell'art. 234 c.p.p., salvi gli eventuali divieti di divulgazione del contenuto della comunicazione che si fondino sul suo specifico oggetto o sulla qualità rivestita dalla persona che vi partecipa.


La giurisprudenza successiva, richiamata puntualmente in sentenza, si è poi soffermata sulle modalità e sui casi in cui tale registrazione è ritenuta utilizzabile, ad esempio qualora la stessa sia effettuata da uno dei partecipanti o comunque legittimati ad assistere al colloquio e a condizione che l'autore abbia effettivamente e continuativamente partecipato o assistito alla conversazione registrata (salva la sua valutazione di affidabilità, cfr. Cass. n. 13810/2019).


Inoltre, si legge nel provvedimento, l'utilizzo processuale della fonoregistrazione non è ritenuto nemmeno precluso dal Codice Privacy (d.lgs. n. 196/93) se si tratti di "far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro proseguimento".


A completamento del tema, osserva la Corte, la registrazione fonografica di un colloquio tra presenti rientra nel genus delle riproduzioni meccaniche ex art. 2712 c.c., e per questo è ritenuta costituire ammissibile mezzo di prova anche nel processo civile.

CNF: serve disconoscimento specifico e mirato

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Nel caso in esame, nella sentenza impugnata, il Consiglio Nazionale Forense ha argomentato sia sulla legittimità in sé della prova mediante registrazione, sia sulla sua utilizzabilità e concludenza dimostrativa anche a fronte dell'assenza di un disconoscimento specifico e mirato, da parte dell'incolpato, sul suo contenuto effettivo.


Sul punto il CNF ha osservato che poteva escludersi l'utilizzabilità delle registrazioni fonografiche solo a fronte di una specifica contestazione dei fatti in modo chiaro, circostanziato ed esplicito da parte del soggetto contro la quale le registrazioni erano state prodotte, con produzione di documenti e prove da cui fosse emersa la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta. E nella vicenda in oggetto l'incolpato si è limitato a una mera richiesta di inutilizzabilità, senza addurre motivazioni come richieste da costante orientamento giurisprudenziale domestico.


Il convincimento del CNF, agli occhi della Cassazione, appare chiaro nell'escludere che l'incolpato avesse contestato l'obiettiva storicità del fatto rappresentato dalla conversazione registrata e dal suo contenuto sostanziale, incentrato sulla denigrazione disciplinarmente rilevante del collega e nell'escludere l'efficacia di un disconoscimento generico e puramente estrinseco di utilizzabilità processuale del documento, a fronte della ravvisata legittimità (come già ritenuta anche dal primo giudice) della sua formazione e produzione in giudizio.


Un ragionamento che le doglianze del ricorrente non sono in grado di sovvertire a detta delle Sezioni Unite. Non si realizza, dunque, la censurata violazione di legge (ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), sia perché la registrazione in questione, riportata nel CD, rientrava nei parametri generali di utilizzabilità documentale, come detto prescritti dall'ordinamento, sia perché è ritenuta conforme alla legge processuale anche la valutazione (prettamente di merito) del Consiglio Nazionale Forense circa la irrilevanza ed aspecificità del suo disconoscimento da parte dell'interessato.

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