Per la Cassazione integra il reato di diffamazione offendere l'onore del collega avvocato in una comparsa conclusionale destinata a giudice controparte e personale di cancelleria

Diffamazione offendere l'onore del collega avvocato

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Integra reato di diffamazione offendere l'onore del collega avvocato in una conclusionale. L'atto non è destinato solo al giudice e alla controparte, ma anche al personale di cancelleria e questo l'avvocato imputato lo sa bene. Respinto quindi il ricorso in Cassazione del legale condannato in primo e secondo grado con una doppia conforme. Questo quanto sancito dalla Cassazione con la sentenza n. 27041/2021 (sotto allegata).

La vicenda processuale

Un avvocato viene condannato in primo grado per il reato di diffamazione consumato ai danni del difensore di controparte perché in una comparsa conclusionale ne ha offeso l'onore e la reputazione. La condanna viene confermata anche in sede di appello.

C'è diffamazione se l'atto è destinato solo al giudice e alla controparte?

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Il difensore del legale imputato ricorre in Cassazione impugnando la sentenza della Corte di Appello e sollevando avverso la stessa i motivi di doglianza che si vanno a illustrare.

  • Con il primo si lamenta del mancato accoglimento della richiesta di procedere alla correzione dell'errore del giudice di primo grado che, nel determinare la pena, ha effettuato un bilanciamento tra circostanze attenuanti generiche e recidiva non contestata in realtà dall'imputato.
  • Con il secondo lamenta l'erronea imputazione del reato di diffamazione, che richiede la diffusività dell'offesa. Condizione che nel caso di specie non si è verificata visto che la comparsa era destinata solo al giudice e alla controparte.
  • Con il terzo si lamenta il mancato riconoscimento dell'esimente dello stato d'ira causato dal fatto ingiusto altrui alla luce del tempo trascorso tra lo scritto ritenuto offensivo e il momento a cui le offese si riferivano.
  • Con il quarto infine lamenta la carenza di motivazione in relazione alla diffusività dello scritto e alla consapevolezza della potenziale diffusività dello stesso, visto che l'imputato è un avvocato.

L'avvocato sa bene che l'atto è destinato anche alla cancelleria

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La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile e dichiara i motivi sollevati manifestamente infondati.

Gli Ermellini rilevano come nel caso di specie vi sia una "doppia conforme" perché entrambe le sentenze convergono sia nell'analisi che nella valutazione dei fatti e delle prove, tanto che le due motivazioni si integrano.

Fatta questa premessa e passando all'analisi dei motivi, per la Cassazione quello relativo alla correzione dell'errore commesso dal giudice di primo grado non è stato sviluppato nell'atto di appello né è stata allegata una richiesta di correzione dello stesso nel ricorso in Cassazione, inoltre il calcolo della pena non ha superato i limiti edittali previsti dalla norma per cui non è stata irrogata una penna illegale, errore che in ogni caso non è rilevabile d'ufficio.

Manifestamente infondati anche il secondo e il quarto motivo del ricorso, che la Cassazione tratta congiuntamente. Sulla contestata destinazione della comparsa conclusionale a più persone, la Corte evidenzia come la stessa non fosse destinata, come sostenuto dalla difesa, solo al difensore della controparte, ma anche al personale della cancelleria.

Corretta quindi la precisazione della Corte d'Appello sulla consapevolezza della potenziale diffusività dello scritto visto che l'avvocato è abituato a frequentare le cancellerie e a sapere che il solo deposito rappresenta un momento importante in cui l'atto è quantomeno conoscibile da parte dei soggetti tenuti a ricevere e inserire l'atto nel fascicolo.

Inammissibile infine anche il terzo motivo, alla luce della giurisprudenza unanime che, ai fini dell'esimente della provocazione nei delitti contro l'onore richiede l'immediatezza della reazione da intendersi "come legame di interdipendenza tra reazione irata e fatto ingiusto subito, sicché il trascorrere di un lasso di tempo considerevole può assumere rilevanza al fine di escludere il rapporto causale e riferire la reazione a un sentimento differente, quale l'odio o il rancore."

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Scarica pdf Cassazione n. 27041/2021

Foto: 123rf.com
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