Per il tribunale di Roma, il termine locanda comprende una pluralità di destinazioni e servizi nell'ambito della ricezione della clientela

Casa vacanze in condominio

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Il Tribunale di Roma ha condannato la locatrice/proprietaria alla cessazione dell'attività di casa vacanze, ravvisando una violazione del regolamento di condominio. Analizziamo il caso di specie.

La vicenda

Una società nell'esporre di essere proprietaria di una unità immobiliare all'interno di un condominio in Roma, citava in giudizio un altro còndomino proprietario di un appartamento nel medesimo edificio, poiché il regolamento condominiale di natura contrattuale, all'art. 7 prevedeva l'espresso divieto di destinare le porzioni di fabbricato (di proprietà esclusiva) a locanda o ad albergo e di effettuare negli appartamenti tutto ciò che fosse contrario alla stabilità e alla normalità e che 'rechi eccessivo disturbo agli altri condomini'.

Il conduttore dell'immobile di proprietà della convenuta lo aveva invece destinato a 'casa vacanze,' nonostante che taluni condomini, nel corso di una assemblea del 19-10-2016, avessero rappresentato l'esistenza dei divieti regolamentari, e quindi che detta destinazione era vietata dal regolamento ed aveva comportato un continuo via vai di estranei con evidenti ricadute sulla tranquillità dello stabile. Pertanto, chiedeva che la convenuta fosse condannata a cessare/far cessare la destinazione a casa vacanze dell'immobile di sua proprietà.

La convenuta non si costituiva in giudizio e veniva dichiarata la sua contumacia.

Il regolamento di condominio

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L'attrice afferma l'illiceità dell'attività svolta nell'appartamento fondandola sulla violazione dell'art. 7 paragrafo 13 del regolamento condominiale laddove si pone il divieto di destinare le porzioni del fabbricato condominiale fra l'altro ad 'albergo e locanda' e si lega tale divieto in particolare alla potenziale violazione della tranquillità della vita comune in quanto, tale bene, costituisce premessa e fondamento del previo elenco. Risulta provato che l'attività svolta nella porzione immobiliare della convenuta è di locazione ad uso turistico.

Già in data 19-10-2016 l'assemblea era stata informata dall'amministratore che il conduttore dell'immobile intendeva adibire il bene ad attività 'casa vacanze' (donde il fatto era noto a tutti i condomini, anche alla convenuta). Taluni dei condomini avevano ivi anche rappresentato i divieti contenuti nel regolamento ed hanno dato mandato all'amministratore per intraprendere le opportune azioni.

Ciò nonostante l'attività è iniziata. Si pone, quindi, la questione se l'attività svolta sia assimilabile a quelle vietate dal regolamento nell'ambito della tutela, anche più ampia, del bene oggetto di disciplina regolamentare (la tranquillità dei partecipanti al condominio). Il regolamento condominiale oltre ad essere trascritto è stato accettato, dalla convenuta al momento dell'acquisto della sua porzione esclusiva, ha natura contrattuale e prescrive all'art. 7 par. 13 lettere a e b, fra l'altro, che: è vietato destinare gli appartamenti a locanda, albergo ed è vietato un uso che rechi eccessivo disturbo agli altri condomini cioè che ne possa turbare la tranquillità. Vieta quindi più in generale, ai proprietari, di destinare le loro unità esclusive ad ogni attività che possa contrastare, in particolare, con la tranquillità del fabbricato.

Preliminarmente bisogna precisare che, il regolamento contrattuale può porre limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti dell'edificio di loro esclusiva proprietà; che, però, le pattuizioni limitatrici devono essere espressamente enunziate; che sono invalide le pattuizioni che limitino il potere di destinazione con formule del tutto generiche; che l'interpretazione delle norme limitatrici delle facoltà in rem propriam del condomino per l'utilità generale deve essere rigorosa (Cass. 3002/10, Cass, 23/04, Cass. 16832/09, Cass. 109/16).

Ciò premesso, passando ad esaminare la fattispecie in esame alla luce dei principi appena esaminati, si osserva che la questione attiene, più in particolare, al significato da attribuire al termine 'casa vacanze' in rapporto alla 'locanda' tenendo conto del fatto che il divieto è da collegare, come detto, all'esigenza di tutela della tranquillità del fabbricato che non deve essere violata in conseguenza di un uso delle parti esclusive che comporti un notevole movimento di persone estranee. Bisogna quindi verificare se l'uso dell'appartamento contrasta con le esigenze di rispetto della tranquillità dei condomini protette, dal regolamento.

Il servizio di 'case ed appartamenti per vacanze', cui è destinato l'appartamento della convenuta, è equiparata a quella delle strutture che svolgono attività di locanda che sono destinate al pernotto ed alla possibilità di offrire pasti ed eventualmente servizi complementari. La pari natura ricettiva della casa vacanze (cui l'attuale destinazione può essere sotto vari profili assimilata) e della locanda (termine utilizzato nel regolamento) e l'esigenza, chiaramente sottesa al divieto regolamentare, consentono di poter affermare che anche la destinazione impressa dal conduttore della convenuta all'immobile di sua proprietà sito nello stabile condominiale in questione debba essere ricompresa nelle attività vietate.

Invero il limitato periodo di tempo nel quale può essere convenuto l'uso a casa vacanze come parimenti la notoria destinazione delle locande a clienti 'di passaggio' induce a ritenere configurato in entrambi i casi un rapido e continuo cambiamento dei clienti i quali essendo del tutto.

Divieto regolamentare e cessazione attività casa vacanze

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Nel caso in esame, si può affermare che le clausole regolamentari pongono, un divieto che ha riguardo ad ogni struttura ricettiva che, per le sue caratteristiche, consenta una rapida e continua rotazione della clientela tenuto conto in particolare del fondamentale rilevo che il termine locanda non può considerarsi tecnico e univocamente definibile ma comprensivo, come sopra evidenziato, di una pluralità di destinazioni e servizi nell'ambito della ricezione della clientela. Si può pertanto affermare che il divieto regolamentare viene a porsi con riguardo ad un servizio di alloggio a terzi suscettibile anche di durata assai limitata.

La convenuta deve, in conclusione, essere condannata a cessare/far cessare l'attività di locazione ad uso casa vacanze svolta all'interno dell'appartamento di sua proprietà.

Avv.Gianpaolo Aprea
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