Per il CNF, non merita una sanzione inferiore l'avvocato che, raggiunto da un provvedimento disciplinare di sospensione dall'attività, continui ad esercitarla

Esercizio di attività professionale durante la sospensione

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L'avvocato che, raggiunto dalla sanzione disciplinare della sospensione dall'attività professionale, ignorando la misura si reca in udienza, non merita la riduzione della sanzione della censura irrogata dal Consiglio Distrettuale di Disciplina. Questo il chiarimento fornito dalla sentenza del Consiglio Nazionale Forense n. 192/2020 (sotto allegata) a conclusione della vicenda che si va a illustrare.

Al Consiglio dell'ordine degli Avvocati di Milano giunge una segnalazione da parte della Sezione Lavoro del Tribunale locale con cui viene informato della presenza in udienza di un avvocato, procuratore di una delle parti coinvolte nel giudizio, nonostante l'intervenuta sospensione della stessa dall'esercizio della professione.

Avuto notizia della segnalazione l'avvocato in questione deposita memoria difensiva presso il Consiglio dell'Ordine di appartenenza facendo presente che, dopo la notifica del provvedimento amministrativo di sospensione cautelare dall'esercizio della professione, la difesa della sua assistita è stata assunta tempestivamente da un altro avvocato. A dimostrazione di quanto dichiarato deposita copia della comparsa con relativa procura alle liti, con sottoscrizione dell'avvocato sostituto, precisando che la nomina disgiunta in suo favore è stata effettuata solo nell'eventualità di una revoca del provvedimento di sospensione.

Costei infatti ha presenziato all'udienza segnalata dal Tribunale sezione Lavoro, solo perché il nuovo avvocato le aveva chiesto di portargli i documenti e di fornirgli alcuni chiarimenti, visto che non conosceva ancora in modo dettagliato la controversia.

Il Consiglio distrettuale di disciplina però contesta all'avvocato la violazione dell'art. 348 c.p, che punisce l'esercizio abusivo della professione e dell'art 36 del Codice deontologico vigente che punisce chi svolge attività professionale durante il periodo di sospensione dall'attività.

Per il Consiglio infatti l'avvocato ha di fatto presenziato all'udienza segnalata dalla Sezione Lavoro del Tribunale di Milano. Ragion per cui deve essere applicata la sanzione della censura.

Consegnare un fascicolo è esercizio della professione?

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L'avvocato sanzionato però decide di ricorrere al C.N.F innanzi al quale solleva i seguenti motivi di doglianza.

  • Inefficacia e illegalità della sospensione irrogata per insussistenza dei presupposti richiesti per la sua applicazione.
  • Valutazione errata dei fatti, in quanto la stessa in sede di udienza non ha esercitato attività professionale essendosi limitata a consegnare al nuovo difensore il fascicolo di parte.
  • Errata valutazione d'irrilevanza della prova dichiarativa con conseguente richiesta di procedere al rinnovo dell'istruttoria dibattimentale.

Riduzione della sanzione all'avvocato

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Il C.N.F però non accoglie il ricorso del legale perché infondato.

La tesi prospettata dall'avvocato ricorrente nel primo motivo non viene accolta perché l'impugnazione della delibera con cui il Consiglio dell'ordine ha applicato la sospensione cautelare dall'esercizio della professione non sospende il provvedimento oggetto d'impugnazione. Ne consegue che l'avvocato, anche in pendenza del gravame, è tenuto a rispettare il provvedimento di sospensione cautelare.

Il C.N.F respinge anche il secondo motivo perché dall'esame della documentazione è emerso che in realtà l'avvocato ha esercitato attività difensiva durante la sospensione. Lo dimostra il verbale di udienza dal cui tenore cui risulta che sia l'avvocato ricorrente che il nuovo legale hanno esercitato attività difensiva.

Respinto anche il terzo motivo in quanto "anche in tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati (…) non si richiede al giudice di merito di dar conto dell'esito dell'avvenuto esame di tutte le prove dedotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica e adeguata della adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse."

Il C.N.F infine evidenzia che l'avvocato ricorrente non ha contestato la sanzione irrogata nei suoi confronti, limitandosi a chiedere di "adottare ogni altro provvedimento rispondente alla corretta soluzione del caso ". Il C.N.F però ritiene adeguata la sanzione della censura adottata perché il legale non ha dato in alcun modo prova di "resipiscenza, conservando il mandato difensivo con il "pretesto di un eventuale modifica del provvedimento cautelare, ed esercitando appieno lo ius postulandi che le era inibito dal provvedimento cautelare, attraverso la partecipazione alla udienza, seppure congiuntamente all'avvocato (…)."

Scarica pdf CNF sentenza n. 192/2020

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