Secondo il Garante per per la protezione dei dati personali, il sistema di riconoscimento facciale utilizzato dal Ministero dell'Interno, è forma di sorveglianza indiscriminata e di massa

Sari Real Time, il sistema di riconoscimento facciale

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Semaforo rosso del Garante per la protezione dei dati sull'utilizzo di Sari Real Time, sistema di riconoscimento facciale utilizzato dal Ministero dell'Interno. Il parere (in allegato) reso dall'autorità è stato sfavorevole: si legge in una nota, il sistema, oltre ad essere privo di una base giuridica che legittimi il trattamento automatizzato dei dati biometrici per il riconoscimento facciale a fini di sicurezza, realizzerebbe per come è progettato una forma di sorveglianza indiscriminata/di massa. Nello specifico si tratta di una serie di telecamere installate in una determinata area geografica, di analizzare in tempo reale i volti dei soggetti ripresi, confrontandoli con una banca dati predefinita (denominata "watch-list"), che può contenere fino a 10.000 volti.

Sari Real Time, ecco come funziona

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Nel caso in cui, grazie ad un algoritmo di riconoscimento facciale si riscontri una corrispondenza tra un volto presente nella watch-list ed un volto ripreso da una delle telecamere, il sistema è in grado di generare un alert che richiama l'attenzione degli operatori delle Forze di Polizia. Il sistema, progettato e sviluppato come soluzione mobile, può essere installato direttamente presso il luogo ove sorge l'esigenza di disporre di una tecnologia di riconoscimento facciale per coadiuvare le Forze di Polizia nella gestione dell'ordine e della sicurezza pubblica, o in relazione a specifiche esigenze di Polizia Giudiziaria.

Il sistema consente, inoltre, di registrare le immagini riprese dalle telecamere, svolgendo una funzione di videosorveglianza.

Sari Real Time, non conforme alla normativa sulla privacy

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Secondo il Garante Sari Real Time realizzerebbe un trattamento automatizzato su larga scala che può riguardare anche persone presenti a manifestazioni politiche e sociali, che non sono oggetto di "attenzione" da parte delle forze di Polizia. La valutazione di impatto aveva chiarito che le immagini verrebbero immediatamente cancellate, l'identificazione di una persona sarebbe realizzata attraverso il trattamento dei dati biometrici di tutti coloro che sono presenti nello spazio monitorato, allo scopo di generare modelli confrontabili con quelli dei soggetti inclusi nella "watch-list". Si determinerebbe così una evoluzione della natura stessa dell'attività di sorveglianza, che segnerebbe un passaggio dalla sorveglianza mirata di alcuni individui alla possibilità di sorveglianza universale.

Sari Real Time, Garante: «Manca la base normativa»

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Il parere sarebbe motivato dalla troppo marcata interferenza con la vita privata delle persone stante la normativa in materia di privacy che stabilisce rigorose cautele per i trattamenti di dati biometrici e per particolari categorie di dati che devono trovare giustificazione in una adeguata base normativa. Base normativa che non è stata rinvenuta nella documentazione fornita dal Ministero dell'interno. Base normativa che, in questo caso, dovrebbe tenere presenti tutti i diritti e le libertà coinvolte e definire le situazioni in cui è possibile l'uso di tali sistemi, senza lasciare una discrezionalità ampia a chi lo utilizza. Anche per aspetti fondamentali dell'impiego della tecnica di riconoscimento facciale, come i criteri di individuazione dei soggetti che possono essere inseriti nella watchlist, le conseguenze in caso di falsi positivi o la piena adeguatezza del sistema nei confronti di persone appartenenti a minoranze etniche.

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