Nomina del curatore speciale e ascolto del minore nelle separazioni e nei divorzi. Cosa dicono la legge e la giurisprudenza

Obbligo di nomina del curatore speciale

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I giudizi che coinvolgono il figlio minore spesso modificano o addirittura scardinano le abitudini di vita del bambino, come ha diritto di difendersi quest'ultimo all'interno del procedimento?
La Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 1471 pubblicata il 25 gennaio 2021 ha confermato l'orientamento prevalente sancendo l'obbligo di nomina del Curatore speciale del minore nei giudizi che hanno ad oggetto provvedimenti volti alla limitazione o decadenza della responsabilità genitoriale di tutti e due i genitori o anche solamente di uno di questi, avendo il figlio una posizione contrapposta rispetto ai genitori.
Nella stessa sentenza il Collegio ha evidenziato che in tutti gli altri giudizi che coinvolgono il minore, come per esempio sulle modalità di affidamento o collocamento (anche nella separazione giudiziale e divorzio giudiziale), deve essere garantita la posizione del figlio in giudizio mediante l'ascolto del minore che abbia compiuto dodici anni o anche di età inferiore se con capacità di discernimento.

Chi è il curatore speciale?

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Il Curatore speciale è il soggetto che, all'interno del procedimento che riguarda il minore, tutela i suoi interessi, rappresentando e difendendo i diritti del figlio.
Il Curatore pertanto deve incontrare il minore, avere un dialogo con lo stesso per capire le sue reali volontà e aspirazioni, deve fornire al figlio informazioni utili per far comprendere il procedimento che lo riguarda e deve spiegare le possibili sorti del giudizio. Si può definire "l'Avvocato del minore".
La persona preposta a questo ruolo non si limita a riportare le volontà del minore ma le coniuga con le effettive necessità dello stesso al fine di raggiungere il suo superiore interesse.
Può accadere infatti che il Curatore Speciale, nel perseguimento dell'interesse del minore, richieda provvedimenti contrastanti con le volontà espresse dal figlio, poiché maggiormente rispondenti alle sue aspirazioni.
Il Curatore speciale ha il compito di richiedere l'emissione dei provvedimenti più idonei per il "suo assistito", anche se contro la volontà del minore.
Il Curatore viene nominato d'ufficio dal Tribunale, o su richiesta del Pubblico Ministero minorile o dei genitori stessi. Si costituisce in giudizio anche personalmente rappresentando il minore con i poteri che gli ha conferito il Giudice.

Cosa dice la legge sulla figura del curatore speciale?

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Il Curatore speciale del minore è stato introdotto con la Legge n. 149 del 2001, prevedendo la difesa tecnica del minore nei procedimenti che riguardano la potestà genitoriale (oggi responsabilità genitoriale) e lo stato di adottabilità.
La Legge 149/2001 esprime i principi enunciati dalla Convenzione di New York del 1989 e della Convenzione di Strasburgo del 1996, che hanno regolato i diritti autonomi del figlio a cui deve essere dato spazio ed espressione all'interno dei procedimenti che lo riguardano.
La Convenzione di Strasburgo, infatti, all'art. 9 prevede "Nelle procedure riguardanti i fanciulli allorché secondo la legge interna, i titolari della responsabilità parentale siano privati della facoltà di rappresentare il fanciullo a causa di un conflitto di interessi con lui, l'A.G. ha il potere di nominare un rappresentante speciale. Le parti esaminano la possibilità di prevedere che, nelle procedure riguardanti i fanciulli, l'A.G. abbia il potere di nominare un rappresentante diverso per il fanciullo e nei casi appropriati un avvocato".
Nel 2002, sulla scorta delle Convenzioni internazionali e della Legge interna, si è pronunciata anche la Corte Costituzionale sancendo la necessità di nomina del Curatore speciale. Tale pronuncia è stata richiamata anche nella recente sentenza della Corte di Cassazione sopra descritta, in cui il Collegio ha rilevato l'assenza di nomina del Curatore speciale e per tale motivo ha accolto l'impugnazione rinviando il procedimento al Tribunale per i Minorenni di Venezia per procedere al riesame ed alla nomina del Curatore del minore.

Cosa dice la legge sull'ascolto del minore?

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Le persone minori di età devono poter esprimere le proprie opinioni nelle situazioni che le riguardano. Va quindi riconosciuta ai minori una centralità nei procedimenti in cui sono coinvolti, non per loro volontà.
Ascoltare il minore è un diritto e tale diritto è stato riconosciuto in primis dalla Convenzione europea dell'Aja del 28 maggio 1970 (in tema di rimpatrio) ma è con la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 1989 che si è formalizzato il più incisivo riconoscimento di questo diritto.
La legge interna disciplina l'ascolto del minore nell'art. 315bis del codice civile (introdotto con la Legge sulla filiazione n. 219/2012) prevedendo espressamente che "il figlio minore che abbia compito glia anni 12, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano."
Gli articoli 336bis e 337octies del codice civile prevedono che con provvedimento motivato il Giudice può omettere l'ascolto qualora sia in contrasto con l'interesse del minore o manifestamente superfluo e fissano inoltre le modalità di ascolto.

In quali casi il minore di dodici anni può essere ritenuto capace di discernimento?

La capacità di discernimento del soggetto minore di dodici anni si desume dalla capacità di comprendere le proprie esigenze e, nel contempo, di esprimere una decisione consapevole, vale a dire di operare scelte adeguate. Prima dell'ascolto questi dati possono emergere unicamente dagli atti delle parti, non avendo il Giudice altro mezzo di valutazione prima dell'ascolto stesso. In questi casi il tribunale può decidere di esaminare le capacità del minore avvalendosi di un consulente tecnico o dell'ausilio del Servizi Sociali, ai quali può delegare l'esame circa le capacità del minore o in definitiva delle sue volontà.

In quali casi si può omettere l'ascolto ritenendolo in contrasto con l'interesse del minore?

La legge non è esplicita in tal senso, tuttavia l'Autorità Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza ha descritto casi in cui il minore versa in condizioni di fragilità psicologica o fisica tale da esporlo a pregiudizio anche nell'ipotesi di ascolto indiretto. In questi casi, l'interesse preminente del fanciullo prevale sull'esigenza dell'audizione.
Un'altra ipotesi descritta è quella in cui certamente dall'audizione deriverebbero conseguenze di grave instabilità nei rapporti genitoriali o potrebbero addirittura verificarsi rivendicazioni o ripercussioni negative a causa del pesante conflitto genitoriale. L'Autorità Garante ritiene l'ascolto in contrasto con l'interesse del minore anche nel caso in cui lo stesso rifiuta l'ascolto.
In conclusione si riporta l'orientamento ormai consolidato della Corte di Cassazione che ha stabilito che la qualificazione dell'ascolto come "diritto del fanciullo" ha delle ricadute processuali importanti; infatti il mancato ascolto del minore non motivato circa l'assenza di discernimento che può giustificarne l'omissione, costituisce violazione del principio del contraddittorio.

L'omessa audizione del minore, per l'effetto, determina nullità della sentenza che può essere fatta valere anche con l'impugnazione in appello.


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