"Unica possibile forma di liquidazione - per ogni danno che sia privo, come il danno biologico e il danno morale, delle caratteristiche della patrimonialità - è quella equitativa, sicché la ragione del ricorso a tale criterio è insita nella natura stessa di tale danno e nella funzione del risarcimento realizzato mediante la dazione di una somma di denaro, che non è reintegratrice di una diminuzione patrimoniale, ma compensativa di un pregiudizio non economico, con la conseguenza che non si può fare carico al giudice di non avere indicato le ragioni per le quali il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare - costituente, in linea generale, la condizione per il ricorso alla valutazione equitativa (art. 1226 c.c.). È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione (Sent. n. 394/2007) che, con riferimento alle singole voci di danno non patrimoniale, ha altresì precisato che "la liquidazione del danno biologico
può essere effettuata dal giudice, con ricorso al metodo equitativo, anche attraverso l'applicazione di criteri predeterminati e standardizzati, quali le cosiddette tabelle (elaborate da alcuni uffici giudiziari), ancorché non rientrino nelle nozioni di fatto di comune esperienza, né risultano recepite in norme di diritto, come tali appartenenti alla scienza ufficiale del giudice. La liquidazione equitativa del danno morale, poi, può essere legittimamente effettuata dal giudice sulla base delle stesse tabelle utilizzate per la liquidazione del danno biologico, portando, in questo caso, alla quantificazione del danno morale - in misura pari ad una frazione di quanto dovuto dal danneggiante a titolo di danno biologico - purché il risultato, in tal modo raggiunto, venga poi personalizzato tenendo conto della particolarità del caso concreto e della reale entità del danno, con la conseguenza che non può giungersi a liquidazioni puramente simboliche o irrisorie".

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