Analizziamo il ruolo di supervisore del Presidente del Tribunale e l'iter risarcitorio in relazione alla responsabilità civile e disciplinare dei magistrati

Responsabilità dei magistrati e Costituzione

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Se nell'ambito del diritto penale vige il principio generale per cui la responsabilità penale è personale, nell'ambito del diritto civile la responsabilità assume diverse declinazioni in base al contesto in cui si inserisce. Si pensi, ad esempio, alla responsabilità da inadempimento contrattuale per violazione di un vincolo giuridico, oppure alla responsabilità da fatto illecito per violazione di un obbligo comportamentale, di diligenza o prudenza. Si pensi, ancora, alla responsabilità derivante da un atto di denegata giustizia per violazione delle funzioni giurisdizionali.

Proprio in questo ultimo caso si ravvisa un preciso tipo di responsabilità, riferibile essenzialmente alle prescrizioni dell'art. 111 della Costituzione che disciplina il principio del giusto processo, nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale.

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La responsabilità civile del Presidente di Sezione

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Se il dato costituzionale rappresenta essenzialmente il punto di partenza ai fini dell'analisi della responsabilità degli organi giudicanti, è indubbio che essa trovi il proprio supporto legislativo nella c.d. Legge Vassalli n. 117/1998 che delinea dettagliatamente l'ambito di operatività della responsabilità civile dei magistrati[1].

In altri termini, la Legge Vassalli ha inteso disciplinare i rapporti del magistrato con le parti processuali, prevedendo le possibili conseguenze in caso di errori o inosservanze nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali[2].

Vero è che gli organi giudicanti nell'esercizio dei poteri e delle funzioni loro assegnati sono tenuti al rispetto dei principi deontologici, di trasparenza, di imparzialità, nonché a compiere atti che non contrastino con l'ufficio giudiziario ricoperto.

Quanto appena asserito si estende a tutta la macchina giudiziaria nella quale opera anche la figura del Presidente di Sezione, il cui ruolo richiede dedizione, competenze specifiche ed una certa vocazione, "oltre ogni ragionevole dubbio"[3]. Difatti, tra le tante funzioni a cui il Presidente di Sezione deve assolvere vi è anche l'oneroso dovere-potere di sorveglianza nei confronti di tutti i magistrati appartenenti all'ufficio assegnato[4]. La mancanza di tali requisiti e la violazione di tali doveri-poteri, che contrastano fortemente con il dovere di giustizia, generano senza ombra di dubbio ipotesi di incontrovertibile responsabilità, sottendendo ad un eventuale risarcimento del danno.

Il danno cui si rimanda, affinché si attivi un obbligo risarcitorio da parte dei responsabili, deve essere ingiusto, ovvero contra ius ed, in quanto tale, in contrasto con l'ordinamento giuridico. Inoltre, come previsto agli artt. 2 co.3 e co.3-bis della Legge Vassalli, il danno ingiusto deve essere commesso con dolo o colpa grave, ovvero nel diniego di giustizia e nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali[5].

Più nello specifico, nell'ipotesi di travisamento del fatto o delle prove, in caso di negligenza, omissioni, ritardi o decisioni non motivate e nelle ipotesi di mancato controllo nei confronti dell'operato di chi svolge le funzioni giurisdizionali, chi subisce un danno ingiusto a causa di un atto di denegata giustizia ha facoltà di agire a tutela dei propri interessi violati sia in ordine al risarcimento del danno patrimoniale, sia in ordine a quello del danno non patrimoniale[6].

In virtù del principio della responsabilità indiretta dei magistrati, fatta eccezione per l'ipotesi di cui all'art. 13 della Legge Vassalli, il soggetto leso agirà nei confronti dello Stato, che, a sua volta, attraverso il meccanismo di rivalsa[7], potrà agire nei confronti del magistrato responsabile.

La responsabilità disciplinare dei magistrati

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In tale contesto, però, laddove l'organo giudicante violi la legge oppure non svolga correttamente la funzione giurisdizionale, vi sarà spazio anche per la responsabilità disciplinare[8] che consegue alla violazione dei doveri funzionali del magistrato nei confronti dello Stato[9], operando comunque indipendentemente dall'azione civile di risarcimento del danno.

Pertanto, a fronte di illeciti disciplinari l'organo giudicante potrà, in base ai casi, essere sottoposto all'ammonimento, alla censura o, ancora, alla sospensione dalle funzioni ricoperte fino a quel momento, con l'unica differenza che, mentre l'esercizio dell'azione civile, come già affermato, spetta alla parte che abbia subito un pregiudizio, l'esercizio dell'azione disciplinare viene promossa dal Procuratore generale della Corte di Cassazione[10].

Limite al potere dei magistrati

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È evidente che l'operato dei magistrati sia fortemente monitorato dagli interventi legislativi fin qui analizzati che segnano chiaramente i confini oltre cui gli organi giudicanti che abbiano agito in malafede, arrecando un grave danno alle parti processuali, ovvero che abbiano agito con dolo o con colpa grave, violando i principi di diligenza attraverso il compimento di atti contrari al dovere di giustizia, sono inevitabilmente soggetti a provvedimenti. Pertanto, tali provvedimenti, intesi tanto in termini di responsabilità civile, tanto in termini di responsabilità disciplinare, rispondono alle esigenze di razionalità del sistema, ma soprattutto mirano a garantire l'esercizio della funzione giurisdizionale secondo i canoni della serietà, dell'imparzialità e del rispetto della legge.

In conclusione, se è vero che, come sancito dalla Costituzione, ai magistrati è riconosciuto il "dono" dell'inamovibilità, tuttavia, i poteri loro conferiti non possono considerarsi illimitati, né possono essere esercitati ledendo gli interessi costituzionalmente tutelati dei soggetti vittime degli abusi dei poteri e delle funzioni da parte della grande macchina giudiziaria.

Avv. Luigi Salvati, del Foro di Roma, patrocinante in Cassazione

Dott.ssa Giulia Rizzo, p.a. presso il Foro di Roma, specializzata in Professioni Legali

[1]Successivamente, con l'intervento legislativo n. 18/2015, vi è stata una sostanziale riforma della Legge Vassalli in merito alla responsabilità civile dei magistrati al fine di conformare i principi già enunciati nel 1988 alla realtà storica, modificando e ridefinendo punti già trattati dalla summenzionata Legge.

[2] V. Mario Fresa, La responsabilità civile del magistrato e i rapporti con la responsabilità disciplinare su movimentoperlagiustizia.it

[3]V. Maria Giuliana Civinini, Il presidente di sezione:ruolo e nomina su questionegiustizia.it

[4]V. art. 14 del r.d. lgs. n. 511/1946.

[5] Sul punto v. anche in giurisprudenza Cass. civ, Sez. III, sentenza n. 7272, 18 marzo 2008.

[6]Come sancito infatti dalla giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite con sent. nn. 26972-26975/2008 l'art. 2059 c.c., il quale disciplina il risarcimento del danno non patrimoniale, estende la propria operatività anche in ambito contrattuale laddove, oltre alla violazione di un obbligo contrattuale si ravvisi inoltre la violazione di un diritto costituzionalmente tutelato.

[7]Il meccanismo della rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato responsabile è stato reso obbligatorio con la Legge di riforma n. 18/2015.

[8]La responsabilità disciplinare dei magistrati è stata disciplinata inizialmente con r.d.l. n. 511/1946. Successivamente, al fine di garantire maggiore certezza del diritto, le ipotesi di illeciti disciplinari sono tassativamente previste dal d.lgs. n. 109/2006.

[9]V. Mario Fresa, op. cit.

[10]V. anche l'art. 107 Cost.


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