Debiti di valuta e di valore, interessi corrispettivi, moratori e compensativi: ecco quali sono le nozioni-base e i più recenti principi giurisprudenziali della Cassazione

Cosa sono gli interessi

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Le obbligazioni pecuniarie, ovvero quelle aventi ad oggetto la prestazione di dare una somma di denaro, trovano una loro peculiare disciplina agli artt. 1277 e ss. c.c. Il denaro, ai sensi dell'art.820 c.c., è un bene "fruttifero". Gli interessi altro non sono che i frutti civili che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia. Rientrano in tale nozione gli interessi corrispettivi - art. 1282 co.1 c.c. Tali interessi hanno una funzione remunerativa, sono dovuti in cambio del vantaggio che il debitore trae dal trattenere presso di sé una somma di denaro. Gli interessi corrispettivi sono prodotti soltanto da crediti liquidi - il credito è determinato nel suo ammontare ed esigibili - il credito non è soggetto a termine o a condizione. In tal caso, il debitore, oltre ad adempiere all'obbligazione pecuniaria principale, è tenuto anche all'adempimento dell'obbligazione pecuniaria accessoria degli interessi.

Saggio degli interessi e configurabilità del reato di usura

Sommariamente, si dirà che la misura degli interessi può essere determinata dalla legge (si parla di interessi legali) o dalla volontà delle parti (interessi convenzionali). Il saggio, ovvero la misura degli interessi legali, è determinato con decreto del Ministro del Tesoro, che deve essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale non oltre il 15 dicembre di ogni anno.

Le parti possono, però, stabilire anche un saggio di interesse diverso e addirittura superiore a quello legale. Per la costituzione dell'obbligo di corrispondere interessi in misura superiore a quella legale è richiesta la forma scritta ad substantiam, la cui mancanza comporta la nullità della clausola stessa, con automatica sostituzione della misura convenzionale con quella legale. Dunque, è consentito alle parti pattuire interessi in misura ultra legale, tale pattuizione non è di per sé viziata da nullità. Sarà illecita nel caso in cui si ravvisino gli estremi del reato di usura ex art. 644 c.p. Il terzo comma dell'art. 644 c.p. statuisce che "è la legge a stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari ". Vi è quindi un limite legale oltre al quale gli interessi sono definibili sempre usurari (tale tasso di interesse è fissato dall'art. 2 della legge 7 marzo 1996, n.108 che affida al Ministero del Tesoro il compito di rilevare trimestralmente il tasso effettivo globale medio degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati). Ai sensi del quarto comma dell'art. 644 c.p vi è anche un'ipotesi di "usura concreta", che viene valutata in concreto dal giudice e ricorre anche nel caso in cui gli interessi siano inferiore al limite sopracitato. Per la configurabilità della fattispecie incriminatrice de qua debbono ricorrere due presupposti: situazione di difficoltà economica o finanziaria del soggetto passivo e sproporzione degli interessi pattuiti rispetto alle concrete modalità del fatto ("avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità" ex art 644 co.4° c.p.).

Interessi moratori e obbligazioni di valuta

Ad una funzione del tutto diversa assolvono gli interessi moratori di cui all'art. 1224 c.c. Tali interessi sono dovuti a titolo risarcitorio, nel caso in cui il debitore adempia in ritardo un'obbligazione pecuniaria. Ai sensi dell'art. 1219 c.c., il debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto (mora ex persona).Tuttavia, vi sono tre ipotesi nelle quali la mora opera automaticamente, si parla di mora ex re: quando il debito deriva da fatto illecito; quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non voler eseguire la prestazione; quando è scaduto il termine, se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore. Tale ultima fattispecie fa riferimento alle obbligazioni portabili (si rammenti che tradizionalmente la giurisprudenza assimila il concetto di portabilità con quello di liquidità. Secondo ormai consolidato principio della giurisprudenza di legittimità rientrano in tale nozione le obbligazioni pecuniarie liquide, delle quali il titolo determini l'ammontare, ovvero indichi i criteri per determinarlo, senza lasciare alcun margine di scelta discrezionale…) L'art. 1224 c.c. attiene esclusivamente alle obbligazioni che hanno ad oggetto una somma di denaro. Al creditore che riceve in ritardo la prestazione pecuniaria dovuta, spettano, dal giorno della mora, gli interessi legali anche se non erano precedentemente dovuti e anche se non prova di aver sofferto alcun danno. Se prima della mora erano dovuti interessi in misura maggiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura.

Il "maggior danno" e il danno da svalutazione monetaria

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Il secondo comma dell'art. 1224 c.c. prevede che al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore, spetta un ulteriore risarcimento. Il "maggior danno", però, deve essere oggetto di una specifica domanda e deve essere provato dal creditore stesso. A questo punto è necessaria una premessa, in particolare si richiama la distinzione tra obbligazioni di valuta e obbligazioni di valore. Le obbligazioni di valuta sono quelle che, fin dall'origine, hanno ad oggetto una somma di denaro. Tali obbligazioni sono soggette al principio nominalistico: il debitore si libera pagando l'importo originariamente dovuto al momento in cui è sorta l'obbligazione e a prescindere dal fatto che, nel lasso di tempo trascorso tra la nascita dell'obbligazione e il suo adempimento, sia mutato il potere d'acquisto del denaro.

Nel caso di ritardato adempimento di un'obbligazione pecuniaria il danno da svalutazione monetaria non è in re ipsa, ne consegue che il creditore di un'obbligazione di valuta che intenda ottenere il ristoro del pregiudizio da svalutazione monetaria, deve domandare il risarcimento del maggior danno -in questo caso è il creditore a dover allegare e dimostrare il maggior danno - ai sensi dell'art. 1224 comma 2 c.c., non potendo limitarsi a domandare semplicemente la condanna del debitore al pagamento del capitale e della rivalutazione, poiché, appunto, quest'ultima non è una conseguenza automatica del ritardato adempimento delle obbligazioni di valuta (in tal senso Cass. Sez. Un. 23.3.2015, n. 5743).

Da precisare, il risarcimento del "maggior danno" deve essere oggetto di specifica domanda. Gli interessi moratori e il maggior danno costituiscono due voci distinte di uno stesso danno, sicché consolidata giurisprudenza ha statuito che il maggior danno non può essere fatto valere in un autonomo giudizio successivo a quello in cui si sia formato il giudizio sugli interessi, salva l'ipotesi in cui il creditore si sia riservato di agire in separata sede per il maggior danno e il debitore abbia aderito a tale riserva, ovvero non si sia opposto.

Gli interessi corrispettivi e gli interessi moratori si sommano?

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Punto nodale, sciolto dalla giurisprudenza, è se gli interessi corrispettivi possano sommarsi agli interessi moratori, problematica sulla quale si è recentemente pronunciata la Corte di Cassazione. Sorta nell'ambito della verifica dell'usura, qualora sia stata convenuta la misura degli interessi moratori e il tasso di tali interessi convenzionali di mora ecceda quello stabilito dalla L.7 marzo 1996, n. 108, art. 2, comma 4, essi sono qualificati ipso iure usurai ma "in prospettiva del confronto con il tasso soglia antiusura non è corretto sommare interessi corrispettivi ed interessi moratori" (sul punto Cassaz., III sez. civ. n. 1744 del 28 giugno 2019). La Cassazione ha motivato tale conclusione asserendo che i due tassi sono alternativi tra loro: se infatti il debitore è in termini deve corrispondere gli interessi corrispettivi, se è in ritardo qualificato dalla mora, al posto degli interessi corrispettivi, deve corrispondere gli interessi moratori. I due tassi di interesse non possono essere sommati perché si riferiscono a basi di calcolo diverse: il tasso corrispettivo si calcola sul capitale residuo, il tasso di mora si calcola sulla rata scaduta. Nella stessa decisione, il Giudice di legittimità ha confermato un principio già precedentemente affermato ovvero, nel caso di pattuizione di interessi moratori usurai, ad essere colpita è soltanto la relativa pattuizione (si veda Cass. 15/09/2017 n. 21470).

Debiti di valore e interessi compensativi

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Le obbligazioni di valore hanno ad oggetto una prestazione che non si risolve, ab origine, nella dazione di una somma di denaro. Il debitore è obbligato a trasferire al creditore un certo valore economico che, si tradurrà solo in seguito in una somma di denaro determinata. Tipico esempio di debito di valore è l'obbligazione di risarcimento del danno. Gli interessi compensativi sono riconosciuti nei debiti originariamente di valore e dovuti finché il debito di valore si tramuta in debito di valuta, ciò avviene al momento della liquidazione. Con la sentenza definitiva che decide sulla liquidazione di un'obbligazione di valore, si determina la conversione del debito di valore in debito di valuta con il riconoscimento da tale data degli interessi corrispettivi. Gli interessi compensativi sono sorti a seguito di una interpretazione estensiva dell'art. 1499 c.c. che, in tema di compravendita, disciplina l'ipotesi di interessi compensativi sul prezzo ancorché non esigibile, qualora la cosa venduta sia stata consegnata ala compratore e produca frutti o altri proventi. Gli interessi compensativi dovuti al venditore sul prezzo della cosa venduta e consegnata non sono ancorati né alla mora del compratore nel pagamento del prezzo, né alla scadenza della relativa obbligazione (in termini di liquidità ed esigibilità), ma mirano a compensare il venditore del mancato godimento dei frutti della cosa da lui consegnata al compratore prima di ricevere la controprestazione. Ne discende che gli interessi compensativi hanno un ruolo equitativo: mirano a compensare il creditore del mancato godimento dei frutti della cosa da lui consegnata all'altra parte prima di ricevere la controprestazione.

Obbligazioni di risarcimento: inadempimento contrattuale e fatto illecito

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Si è detto che l'obbligazione del risarcimento del danno è un tipico esempio di debito di valore. Rientrano senza dubbio in tale categoria, e costituiscono conseguentemente debiti di valore, l'obbligazione risarcitoria da responsabilità extracontrattuale ma anche in materia di inadempimento contrattuale, la conseguente obbligazione risarcitoria del danno configura un debito non di valuta ma di valore. Per distinguere i debiti di valuta dai debiti di valore occorre avere riguardo non alla natura dell'oggetto nel quale la prestazione avrebbe dovuto concretarsi al momento dell'inadempimento o del fatto dannoso, bensì all'oggetto diretto e originario della prestazione, che (come si è già avuto modo di precisare) nelle obbligazioni di valore consiste in una cosa diversa dal denaro, mentre quelle di valuta hanno ab origine ad oggetto una somma di denaro (Cass. 22.6.2007 n. 14573).

Interessi compensativi e svalutazione monetaria

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A differenza dei debiti di valuta, i debiti di valore non sono soggetti al principio nominalistico, ciò importa rilevanti conseguenti pratiche. L'obbligo di risarcimento del danno da fatto illecito, sia esso contrattuale o extracontrattuale, è finalizzato all'integrale reintegrazione del patrimonio, nella duplice accezione del lucro cessante e del mancato guadagno- ex art. 1223 c.c. espressamente richiamato anche dall'art.2056 c.c. in tema di responsabilità aquiliana. La rivalutazione monetaria e gli interessi costituiscono una componente dell'obbligazione di risarcimento del danno e possono essere riconosciuti dal giudice anche d'ufficio ed in grado d'appello pur se non specificamente richiesti, atteso che devono ritenersi compresi nell'originario petitum della domanda (in tal senso Cass. 16.12.2014 n. 26374). La rivalutazione monetaria è finalizzata a reintegrare il patrimonio del creditore per la perdita del valore perduto (lucro cessante) ; gli interessi compensativi sulle somme liquidate a titolo risarcitorio, invece, servono "a compensare" il pregiudizio derivante al creditore dal ritardato conseguimento dell'equivalente pecuniario del danno subito (mancato guadagno). Ne deriva che rivalutazione monetaria e interessi compensativi sono componenti indispensabili del risarcimento e concorrenti, attesa la diversità di funzioni che intendono soddisfare.

Principali differenze con le obbligazioni pecuniarie

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In conseguenza di quanto suesposto ne deriva che soltanto per le somme di denaro dovute a titolo di risarcimento gli interessi compensativi integrano una componente necessaria della relativa domanda, sicché possono essere attribuiti anche in assenza di espressa domanda della parte creditrice, mentre, nel caso delle obbligazioni pecuniarie, gli interessi hanno un fondamento autonomo rispetto al debito al quale accedono ed essendo obbligazioni accessorie rispetto a quella principale, possono essere attribuiti, in applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., soltanto su espressa domanda di parte. A ciò si aggiunga che le obbligazioni pecuniarie, configurandosi quali debiti di valuta, sono sottoposte al principio nominalistico sicché - come si è già precedentemente precisato- sul creditore di un'obbligazione di valuta, che intenda chiedere il ristoro del pregiudizio derivante da svalutazione monetaria, grava l'onere di domandare il risarcimento del maggior danno ai sensi dell'art 1224 co. 2 c.c., laddove l'obbligazione di risarcimento del danno, ancorché derivante da inadempimento contrattuale, costituisce debito di valore, come tale quantificabile tenendo conto, anche d'ufficio, della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla data della liquidazione (Cassaz. 10.3.2010, n 5843).

Risarcimento danno: decorrenza degli interessi

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In ordine alla decorrenza degli interessi compensativi bisogna operare un ulteriore distinguo. Soltanto nel caso di obbligazione risarcitoria conseguente ad una responsabilità extracontrattuale da fatto illecito (es. sinistro stradale) , gli interessi decorrono dal giorno in cui si è verificato il danno, trovando in questo caso applicazione l'art. 1219, co. 2 c.c. - il debitore è in mora (ex re) dal giorno della consumazione dell'illecito. Poiché la riparazione pecuniaria spettante al danneggiato deve rapportarsi alla data del fatto illecito, che coincide con il verificarsi della diminuzione patrimoniale, gli interessi, in quanto destinati ad integrare il capitale liquidato, devono seguire la stessa sorte e conseguentemente decorrere dallo stesso giorno, quello del verificarsi dell'evento dannoso. Tale principio sarebbe applicabile soltanto in tema di responsabilità extracontrattuale. Invece, per quanto attiene ad un'obbligazione risarcitoria che derivi da inadempimento contrattuale, gli interessi decorrono dalla domanda giudiziale, in quanto atto idoneo a costituire in mora il debitore.

Antonia De Santis

email: antonia.desantis90@gmail.com


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