Il contributo per il Calendario dell'Avvento Giuridico curato per il COA Roma dall'Avv. Saveria Mobrici
"Ogni coincidenza ha un'anima" direbbe il mio Amico saggista, romanziere, ormai giallista con il personaggio di Vince Corso, per me sopratutto scrittore ferroviario, Fabio Stassi. Il riferimento voluto è al libro edito da Sellerio qualche tempo fa, che, come del resto ogni opera (anche quelle per bambini), di Fabio è un corso di scrittura creativa alla Ray Carver, il mio adorato e purtroppo spesso ignorato scrittore-poeta statunitense.

Qual è la coincidenza: mi capita di leggere, meglio: di divorare voracemente, uno scritto sulla pena esemplare di Valerio de Gioia, genio proteiforme che per lavoro fa il magistrato, prima civile e poi penale.

Attualmente opera alla Sezione Prima del Tribunale di Roma. E lo fa anche molto bene.

Quando io arrivo - un paio d'anni fa - pressoché stabilmente a Roma ho già nella mia biblioteca alcuni testi di Valerio, ma confrontarci, scambiarci opinioni senza quelle sterili, ma ostinate barriere che si frappongono (spessissimo? sempre!) tra avvocati e magistrati fa scoccare la scintilla dell'amicizia.

Prima la stima, poi l'amicizia. Poi le telefonate durante il mesto lockdown e i primi, seguitissimi webinar sul processo da remoto.

Allora stavo pensando tra me e me: glielo chiedo o non glielo chiedo? Smaniavo di pubblicarlo, ma la ritrosia, mia abituale compagna di viaggio nella vita, mi stoppava.

Quel magistrale pezzo è custodito all'interno del Calendario dell'Avvento Giuridico curato dalla Consigliera dell'Ordine degli Avvocati di Roma Saveria Mobrici.

E' un'idea fantascientifica in edizione limitata: presso il COA capitolino presieduto dall'infaticabile Antonino Galletti (la presentazione ufficiale avvenuta il primo dicembre 2020 è visionabile su Youtube) è possibile acquistarlo.

Poi, il... miracolo: rinvengo lo scritto - proprio quello che desideravo! - nella mia casella di posta elettronica.

Orsù, cominciate allora con l'antipasto della lettura di Valerio de Gioia, che ringrazio per aver permesso a LIA Law In Action, una rubrichetta di servizio, di racchiudere questa perla di pensiero giuridico che siete in procinto di leggere.

Poi, il calendario - Studio Cataldi ha moltissimi lettori nella Capitale e nel Lazio - potete sempre acquistarlo in un secondo momento. Si tratta di una ricca raccolta di scritti che - siamo certi - apprezzerete.Tutti i proventi saranno destinati alla prevenzione del bullismo nelle scuole con le modalità che l'Avv. Mobrici descrive nel dettaglio nel video su Youtube con la sua raffinata cadenza piemontese.

Pena esemplare

Se ci sforziamo di trovare un termine entrato nel linguaggio comune, "pena esemplare" si colloca senza dubbio tra le prime posizioni.

Ogni volta che viene commesso un crimine efferato o si verifica un evento delittuoso che tocca in qualche modo il cuore del cittadino, ancor prima che inizino le indagini, o nel corso delle stesse, o durante il processo, ognuno, vestendo i panni del "giudice supremo", è pronto a invocare una pena esemplare.

Pena esemplare.

Qualcuno la declina anche nella versione "senza sconti", ergendosi anche a giudice dell'esecuzione di quella pena che, si badi bene, dovrà essere esemplare.

Deve essere importante questa pena esemplare.

Ma di essa non c'è traccia né nel codice penale né in quello di procedura penale.

Sarà certamente all'interno del testo sacro ai giuristi: la Costituzione Repubblicana.

Ma di pena esemplare, neanche una traccia.

Rimane un'ultima speranza: la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. Ma anche lì nemmeno l'ombra.

Come è possibile che proprio il Diritto non conosca la pena esemplare?

Ma la risposta è semplice: la pena esemplare non esiste e invocarla è un errore già dal punto di vista morale prima ancora che giuridico.

La pena esemplare, ossia "da esempio", "da modello" per gli altri - un po' come le decapitazioni o fucilazioni che avvenivano in piazza, nei tempi più bui, così da essere da monito per un cittadino che doveva avere paura al solo pensiero di commettere un reato (in funzione, direbbero i fini giuristi, della prevenzione generale) -, contrasta con i più elementari principi costituzionali.

Il riferimento è sia all'art. 2 della Costituzione, che codifica il principio della solidarietà sociale (il "volemose bene" di Wojtyliana memoria), sia all'art. 27 della medesima Carta, laddove impone la determinazione della pena secondo finalità retributive - in modo tale che sia proporzionata a quello specifico fatto di reato commesso da quel singolo consociato - nel rispetto della responsabilità penale personale - affinché ciascuno sia chiamato a rispondere solo dei propri reati e non anche di quelli commessi o che potranno essere commessi da altri - e in una prospettiva (tendenzialmente) rieducativa e cioè funzionale al reinserimento sociale di chi la sconta. Una pena eccessiva, sproporzionata o finanche spropositata, disancorata dagli indicati parametri, tradirebbe questo intento.

La pena esemplare, in una cultura giuridica che sia realmente tale, è una aberrazione ed è auspicabile che scompaia per sempre anche dal linguaggio comune.

La speranza è che un domani - nella Terra un tempo dei Santi, dei Poeti e dei Navigatori, oggi degli Allenatori, Virologi, Opinionisti e Fini Giuristi -, a corredo di un evento delittuoso segua l'invocazione, una volta accertata la responsabilità e laddove proprio non se ne possa fare a meno, di una "pena giusta" e non di una "pena esemplare".

Autore: Valerio de Gioia

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