La Cassazione sottolinea che il padre naturale anche se invalido ha l'obbligo di provvedere ai bisogni della figlia e di mostrare interesse nei suoi confronti

Violazione degli obblighi di assistenza familiare

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Con la sentenza n. 34643/2020 (sotto allegata) la Cassazione richiama al proprio senso di responsabilità un padre che, dopo la nascita di sua figlia, abbandona casa e compagna, si disinteressa della bambina, che non sente sua e non fornisce neppure i mezzi necessari per mantenerla. Obbligo che non viene meno neppure in presenza di un'invalidità e anche se a provvedere ai bisogni della piccola pensa la madre. Una vicenda che inizia quando il giudice di secondo grado conferma la sentenza

di condanna emessa nei confronti dell'imputato, consistente nella pena della reclusione di tre mesi e della multa di 300 euro, per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare contemplato dall'art. 570 c.p., che ai sensi del comma 1 prevede che "Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro."

L'imputato viene punito per il suddetto reato perché ha abbandonato la convivente e la figlia minore, andando via di casa pochi giorni dopo il parto senza lasciare nemmeno un recapito dove poter essere rintracciato, disinteressandosi completamente della figlia e non provvedendo al sostentamento di quest'ultima dal gennaio 2012 ad aprile 2013.

Impossibile mantenere la figlia perché malato e con problemi economici

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Il difensore dell'imputato ricorre in Cassazione sollevando i seguenti motivi.

  • Con il primo contesta la sottoposizione dell'imputato alla sanzione penale, abrogata dalla normativa speciale, che punisce solo il coniuge, questione tra l'altro sottoposta alla Corte Costituzionale.
  • Con il secondo fa presente che il suo assistito si è trovato nell'impossibilitò di adempiere ai suoi obblighi genitoriali a causa di una situazione debitoria legata alla sua attività e a causa di un mieloma multiplo da cui era affetto dall'estate del 2012 e per il quale gli era stata riconosciuta l'invalidità totale al lavoro. Contesta quindi come il Tribunale dei minori, che ha stabilito il mantenimento a suo carico della bambina non abbia erroneamente preso in considerazione questi dati.
  • Con il terzo contesta lo stato di bisogno della bambina, in quanto basata sulle sole dichiarazioni, tra l'altro non veritiere e contraddittorie della madre.
  • Con il quarto infine fa presente che la verità non è stata accertata in giudizio, in quanto la madre dell'imputato non è stata ascoltata in ordine alle modalità in cui si è verificato l'abbandono, alle problematiche economiche del figlio e alla sua impossibilità di produrre reddito.

Il padre naturale, anche se invalido, è obbligato a mantenere la figlia

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Con la sentenza n. 34643/2020 la Corte di Cassazione rigetta il ricorso perché infondato e in parte inammissibile.

Il primo motivo è palesemente infondato perché il reato contestato all'imputato, ovvero aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore, sussiste anche quando a non adempiere tale obbligo è il padre naturale, consapevole del suo status di genitore. Non rileva la questione di legittimità costituzionale e la decisione intervenuta, perché la questione riguarda la diversa fattispecie contemplata dall'art. 4 comma 2 della legge n. 54/2006, che fa riferimento al mancato versamento dell'assegno periodico da parte dei genitori non coniugati per il mantenimento, l'educazione e l'istruzione dei figli.

Privo di fondamento il secondo motivo anche perché il Tribunale dei minorenni, dopo aver considerato le condizioni di salute dell'uomo ha comunque disposto a suo carico un assegno di mantenimento per la figlia anche perché il periodo contestato, ossia dal gennaio 2012 fino all'aprile del 2013, è anteriore al riconoscimento dell'invalidità totale. In quel periodo se è pur vero che l'imputato aveva una capacità lavorativa ridotta, nel corso della visita del 7 ottobre 2013 lo stesso presentava buone condizioni generali, con deambulazione e passaggi posturali autonomi. Per la Corte comunque, anche tendo conto di tale quadro, emerge che l'imputato si è sottratto volontariamente all'obbligo di mantenere la figlia visto che alla nascita non l'ha considerata tale.

La Corte ricorda inoltre che lo status di minore dei discendenti, per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, rappresenta in "re ipsa" una condizione di bisogno, che obbliga i genitori a fornire i necessari mezzi di sussistenza, anche se al mantenimento provvede in via sussidiaria l'altro genitore.

Infondato infine l'ultimo motivo. La valutazione sulla necessità di dover acquisire prove ulteriori spetta al giudice ed è sindacabile in sede di legittimità se dal testo della sentenza emerge una "assoluta necessità della trascurata assunzione probatoria" che in questo caso non è censurabile. La Corte infatti non ha considerato necessarie ai fini del decidere, le prove sollecitate dall'imputato perché le stesse avevano solo la funzione di confermare la sua versione dei fatti.

Leggi anche:

- Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare

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Scarica pdf Cassazione n. 34643/2020

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