Fu una conquista di libertà civile in un Paese dall'impronta cattolica radicata. Inutili i due tentativi di abolirla

Legge sul divorzio, una conquista dei diritti civili

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La legge sul divorzio compie mezzo secolo. Anni di volti e di storie che sono riusciti a prendere una dimensione diversa. Una legge, un obiettivo raggiunto dopo anni di lotte per scardinare l'indissolubilità dell'istituto del matrimonio in un Paese dalla radicata tradizione cattolica. Per chi ne ha usufruito un modo per ricominciare a vivere, una seconda possibilità, la fine di amori aridi che si trascinavano senza via d'uscita.

Sono già passati 50 anni da quel primo dicembre 1970, in cui il Parlamento diede il via libera alla legge 898 "Fortuna-Baslini", sulla "Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio". Finiva per sempre uno dei tabù della società italiana dove sposarsi era una scelta per l'eternità. Una legge che è soprattutto un passo avanti nei diritti civili per il nostro Paese.

Legge sul divorzio, da dove nasce?

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La legge venne approvata al termine di una lunghissima seduta parlamentare che durò più di 18 ore: erano quasi le sei del mattino, e le votazioni erano iniziate alle dieci del giorno precedente. Il provvedimento epocale prende il nome dai due deputati, Loris Fortuna (socialista) e Antonio Baslini (liberale), che furono primi firmatari delle proposte di legge che furono abbinate nel corso di un lungo iter di approvazione parlamentare, dopo anni di conflitti che proseguirono anche negli anni successivi e dopo che fuori dal parlamento

la riforma era stata chiesta e sostenuta dai movimenti delle donne e dai radicali. Dai tempi dell'Unità d'Italia i tentativi di inserire nell'ordinamento italiano il divorzio, almeno dieci, vennero bocciati soprattutto a causa dell'influenza delle gerarchie della Chiesa cattolica. Nel 1878 ci provò il deputato Salvatore Morelli, di seguito, nel 1902 fu il governo
Zanardelli a presentare una proposta che però non venne mai approvata. Un iter che si fermò per molti anni: tra l'avvento del fascismo, la guerra, il Paese ebbe altro a cui pensare. Passarono trent'anni prima che una legge sul divorzio venisse rimessa in discussione, considerato che il nostro Paese rimaneva uno dei pochi paesi in Europa, in cui vigeva l'indissolubilità del matrimonio (se non per morte). L'unico istituto previsto era la separazione legale: un giudice poteva cioè riconoscere che due persone non potessero più continuare a vivere insieme. Tra di esse tuttavia permaneva l'obbligo della fedeltà e dell'assistenza reciproca. Possibile invece ottenere l'annullamento del matrimonio attraverso la Sacra Rota, procedura costosa e utilizzabile solo in pochi e determinati casi. Ben si comprende da qui quale grande conquista di libertà civile possa essere stata la legge sul divorzio.

Legge sul divorzio, il tentativo di eliminarla

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Appena qualche giorno dopo fu l'Avvenire a lanciare un appello per indire un referendum in modo da eliminare la legge appena approvata. Era necessario raccogliere 500.000 firme necessarie. Si arrivò a un milione e mezzo, segno che la cultura cattolica era talmente intrinseca nella storia e nel Paese. I promotori andavano a colpo sicuro: la legge sul divorzio sarebbe stata spazzata via, quasi prima ancora di aver "mietuto vittime". Per il fronte del "no" all'abolizione vennero scomodati Gianni Morandi, Pino Caruso, Gigi Proietti e Nino Manfredi, protagonisti di quatto caroselli. Il quinto carosello fu girato in una scuola elementare romana durante una lezione di educazione civica.

Il Paese però, in quell'occasione, scoprì il significato della divisione: fu la vittoria dei favorevoli al divorzio, sancita nel primo storico referendum dell'Italia repubblicana, Era il 59,3% dei favorevoli contro il 40,7% dei contrari. Un secondo tentativo di eliminare la legge sul divorzio nel 1981 diede risultati inequivocabili: il 70% della popolazione era ormai favorevole al divorzio.


Foto: 123rf.com
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